Pietro NENNI - Deputato Opposizione
I Legislatura - Assemblea n. 1047 - seduta del 18-12-1952
Proroga dell'esercizio provvisorio
1952 - Governo Pella - Legislatura n. 2 - Seduta n. 16
  • Attività legislativa

signor presidente , onorevoli colleghi , la particolarità della discussione generale sul progetto di riforma elettorale sta nel fatto che è mancato il discorso del quale noi tutti, opposizione e maggioranza, avevamo bisogno. il gruppo della Democrazia Cristiana ha delegato alcuni dei suoi più qualificati rappresentanti a fare la illustrazione tecnica e, in linea generale, la difesa politica del progetto di legge . ma per impostare il dibattito su basi solide, evitando qualsiasi divagazione, sarebbe stato necessario che lo avesse aperto l' onorevole Gonella. l' onorevole Gonella ha trattato per quattro mesi con i segretari e i comitati dei quattro partiti apparentati o in via di apparentarsi sia per concordare i principi sui quali elaborare la legge, sia per definire il programma della coalizione governativa. ho l' impressione che egli non degni informare il Parlamento, come per certo aveva il dovere di farlo. è evidente, infatti, che se all' inizio del dibattito avessimo avuto, dal leader della Democrazia Cristiana , una enunciazione chiara delle cause e delle prospettive della legge, assai probabilmente avremmo potuto aprire la discussione su dati assai più concreti. le delucidazioni sulle cause e sulle prospettive della legge democristiana non ci sono venute oggi dal collega Russo, il quale ha parlato in termini di fede, rispettabili sempre ma del tutto insufficienti. cosicché ci troviamo nella curiosa necessità di affrontare il fondo del problema, l' origine della legge, le sue cause ed i suoi obiettivi, non sulla base di quanto è stato detto nel Parlamento, ma riferendoci alla relazione che il segretario della Democrazia Cristiana ha presentato al congresso del suo partito. che cosa ha detto in quella sede il segretario della Democrazia Cristiana che abbia una incidenza diretta con la legge? la sua relazione è stata tutta infarcita di frasi equivoche sulla « presunta libertà » , sugli « abusi della libertà » , sulle « illusioni della libertà » , sulle « malattie del sistema democratico » , e seminata di aforismi a doppio senso quali « il Parlamento che non significa parlamentarismo » , il comunismo da porre « non fuori legge, ma sotto legge » , « lo Stato forte nella razionalità della legge » , eccetera tuttavia, la relazione dell' onorevole Gonella al congresso del suo partito ha chiarito lo spirito col quale il Partito di maggioranza considera il domani della vita parlamentare italiana. si vuole una Camera più accentuatamente anticomunista nel senso più largo del termine, dove tutto diventa comunista: il partito socialista , la Confederazione generale italiana del lavoro , i partigiani della pace, l' UDI, il « culturame » , in una parola tutto ciò che non sta dietro lo scudo crociato . un solo accenno della relazione Gonella alla legge elettorale è contenuto nella frase in cui egli dice che essa « è uno degli strumenti per combattere il comunismo con la legalità » . ed il solo accenno che il segretario del partito democristiano ha fatto alle trattative fra i quattro partiti, è per ricordare il comune impegno di sostenere le « leggi di difesa della democrazia » , che sono la legge antisciopero, la legge contro la libertà della stampa e la, « polivalente » . ci sono nella relazione dell' onorevole Gonella due affermazioni di una estrema gravità. la prima è quella con cui il segretario della Democrazia Cristiana , sottolineate le analogie tra « la difesa interna contro il partito comunista e la difesa esterna delle potenze democratiche contro i pericoli di una aggressione sovietica » afferma che « si tratta di due aspetti di uno stesso fenomeno » . la seconda è la dichiarazione del segretario del partito che ha riferimento alla revisione della Costituzione, e che è stata enunciata col linguaggio equivoco che amavano usare i fiancheggiatori della dittatura fascista. l' onorevole Gonella ha insistito sulla esigenza della revisione della Costituzione per difendere lo Stato dal rischio di essere paralizzato da « lentezze che talora distruggono l' efficacia dell' intervento governativo » . siamo, cioè alla tesi del ministro Scelba sulla Costituzione « trappola » , sulla Costituzione che « lega le mani » , sulla Costituzione che pone l' Esecutivo « in condizione di inferiorità » . tesi contro la quale dovrebbero insorgere tutti i costituenti, i quali ebbero la preoccupazione di delimitare esattamente i poteri dell' Esecutivo nei confronti del potere legislativo , appunto per impedire gli straripamenti del primo. al silenzio dell' onorevole Gonella ha corrisposto la discrezione dei partiti apparentati o in via di apparentarsi. l' onorevole Saragat non ha dato né la spiegazione della legge, né la spiegazione del perché il suo partito ha aderito alla legge. ed ogni qual volta egli si è avvicinato a questa spiegazione ha incespicato su un « perché » che lo perseguitava da questi banchi e al quale non ha saputo dare nessuna risposta. perché una maggioranza del 52 per cento , come quella che egli presume possa essere raggiunta dai partiti del centro, sarebbe in condizione di non governare il paese? io dissi una volta che per governare bastava un voto di maggioranza, e non ho nessun motivo di rettificare quell' affermazione, la quale va intesa nel senso che per governare basta un voto di maggioranza, purché chi governi abbia l' intelligenza politica di allargare, lungo il cammino, la base sulla quale si regge. come è avvenuto con la Repubblica, se così piace all' onorevole Leone-Marchesano. se l' onorevole Saragat fosse andato al fondo del suo ragionamento egli avrebbe dovuto ammettere che l' ipotetica maggioranza del 52 per cento , alla quale egli si riferiva, non può governare il paese perché non è una maggioranza, se non quantitativa, ma non costituisce una forza politica omogenea; avrebbe dovuto confessare quello che certamente è il suo pensiero, e che cioè la maggioranza del 52 per cento non basta per governare da quando la Democrazia Cristiana non è più, secondo la vecchia e superata affermazione dell' onorevole De Gasperi , un partito di centro che va a sinistra, ma un partito di centro dominato dalle forze più tipicamente conservatrici e reazionarie del paese, cioè le forze clericali di Azione Cattolica . qualcosa del genere ha detto l' onorevole Amadeo del gruppo repubblicano quando ha dato della Democrazia Cristiana l' immagine di una fortezza con le porte sbarrate a sinistra, e con una porta socchiusa a destra. la legge sarebbe il chiavistello che chiude la porta. non è un complimento per la Democrazia Cristiana che si preparava a fare un grazioso dono di collegi ai partiti minori, ma soprattutto non è una cosa seria. un ragionamento a tal punto sbagliato ci impone la necessità di definire cosa s' intende per destra, per centro, per sinistra. una questione di etichetta? è una questione di nomi propri? o invece è una questione di programmi? la « sinistra » è la sinistra perché come tale si iscrive sui prospetti propagandistici? la « sinistra » è la sinistra perché gli uomini che la impersonano si sono guadagnati una reputazione di uomini di sinistra? o non sono invece i programmi, e soprattutto i fatti a classificare la sinistra, il centro, la destra? dovremmo noi chiamare Governo di centrosinistra un Governo sol perché presieduto dall' onorevole De Gasperi e adoperare l' etichetta di Governo di centro destro solo perché la presidenza sarebbe assunta dal Prof Gedda o da chi per lui? devo io credere che una politica è di centrosinistra o di centro destro, o addirittura di destra, se l' onorevole Saragat è ministro o non lo è? se al ministero degli Esteri c' è il conte Sforza, o se ci andrà l' onorevole Gonella? se ministro della Difesa è il colonnello Pacciardi o diventa ministro il colonnello Cuttitta? io non credo che la natura di una politica cambi soltanto perché cambiano le persone. una politica cambia se cambiano gli orientamenti, se cambiano le direttive di un Governo. ora, onorevoli colleghi , la verità è che, oggi, la politica del Governo di centro è la più conservatrice e reazionaria che si possa fare in Italia. è la politica estera della integrazione totale del paese nel blocco atlantico, malgrado il fatto che in Africa prima e oggi a Trieste, si è determinato un contrasto clamoroso di interessi tra la patria nostra e la e la coalizione atlantica. è una politica interna di polizia giunta negli anni 1950 e 1951 a forme esasperate di autentico « novantottismo » . è una politica del Tesoro, ispirata a rigidi criteri di conservazione. è una politica sociale che contro la disoccupazione e la miseria, ci ha dato lo stralcio della riforma agraria , la Cassa per il Mezzogiorno , i cantieri di rimboschimento, tutte cose di ordinarissima amministrazione la cui insufficienza è conclamata dai fatti, piuttosto che dalle nostre parole. ciò che gli oratori del centro-sinistro non hanno osato dire è che oggi la Democrazia Cristiana , pur mantenendosi formalmente ligia a una formula centrista, fa la politica della destra nella illusione di neutralizzare e di guadagnare a sé la massa elettorale dell' estrema destra . se sia calcolo giusto o non giusto, destinato a riuscire o a non riuscire, lo vedremo nelle prossime elezioni. certo si è che questa politica, lungi dal frenare lo scivolamento verso destra, lo ha provocato e lo sta fortemente accentuando in questi giorni. onorevoli colleghi , una delle cose per noi più tristi è la constatazione che la vostra cecità politica ha offerto all' estrema destra l' occasione di battersi per la Costituzione e per la libertà, di presentarsi di fronte al paese come tutelatrice della Carta Costituzionale , la cui difesa dovrebbe allargarsi dai banchi del centro sino a quelli dell' estrema sinistra . in tali condizioni che cos' è la democrazia politica dell' onorevole Saragat? lascio da parte gli aspetti teorici del problema. c' è stato un tempo in cui l' onorevole Saragat sapeva che la democrazia politica non sfugge alle ferree leggi della lotta di classe e che in uno stato di classe non il popolo è sovrano, ma una classe o un gruppo di classi. c' è stato un tempo in cui l' onorevole Saragat aveva capito quale fosse l' errore della socialdemocrazia di fronte al problema della democrazia politica, e fu quando accusava riformisti della grande autorità morale e politica, quali Turati o Treves, di avere della democrazia politica un concetto formalistico. c' è stato un tempo in cui non sarebbe accaduto all' onorevole Saragat di cadere nel sofisma che vizia il suo ultimo discorso, quello cioè di scambiare due termini e due momenti del processo storico democratico che sono fra di loro inconfondibili, e cioè la democrazia politica intesa come modello a cui tendere e la democrazia quale concretamente funziona nei limiti d' una società determinata, oggi, per il nostro paese, la società capitalistica. ancora qualche anno fa non sarebbe successo all' onorevole Saragat di confondere, come lo ha fatto parlando dei laburisti, l' esercizio del potere che corrisponde ad una fase di equilibrio delle classi e la conquista del potere, che è l' atto successivo a una rottura dei rapporti di classe. ma lasciamo da parte codesti problemi per limitarci a constatare come la democrazia politica di cui ha parlato l' onorevole Saragat non sia soltanto formalistica, ma mistica, trascendentale, metafisica, tutto ciò che volete, tranne che concreta. addirittura gli avviene di parlare di spirito della democrazia, di spirito della libertà: dove gli suggerirei di adoperare la espressione: libertà sotto spirito o democrazia sotto spirito . se si mette la democrazia politica coi piedi per terra , che cosa è? è la Costituzione, e neppure le Costituzioni in generale, non qualsiasi Costituzione, ma la Costituzione del dicembre 1947, e i suoi 139 articoli. questo è quel tanto di democrazia politica che esiste oggi in Italia! e allora, onorevoli colleghi , perché fingete di sorprendervi allorché noi, con tanto accanimento difendiamo la democrazia politica, non metafisica, non astratta ma concreta, e cioè la Costituzione che abbiamo voluta ed elaborata assieme a voi? la Costituzione del dicembre del 1947, non è soltanto per noi il patto che abbiamo sottoscritto per contenere nel suo ambito lo sviluppo della vita politica del paese; non è soltanto per noi il patto scaturito dalla volontà di 12 milioni di elettrici e di elettori; è qualche cosa di più, qualche cosa di sacro, perché è il risultato di una lotta di 20 anni, è il prodotto della civiltà della Resistenza. alla sua origine non ci sono fragili maggioranze che possono anche diventare minoranze, ma i sacrifici, il sangue della Resistenza, cioè valori imperituri, che non crolleranno più, qualunque cosa avvenga. il significato della nostra adesione alla Costituzione non è formale ma sostanziale. dal 1945 — anzi più esattamente dal 1943 — si è aperto il periodo decisivo dell' inserimento delle masse popolari non soltanto nella vita pubblica (ciò che in parte era già acquisito), ma nello Stato. ed è questo il fatto nuovo compiuto dai CLN, e per il quale imperitura dovrà essere verso di essi la riconoscenza della patria. ecco perché, onorevoli colleghi , noi abbiamo collegato il dibattito attuale a quello fondamentale della difesa della Costituzione; perché da questa legge in sé e dal modo con cui l' avete presentata e giustificata al paese, risulta in maniera esplicita che essa è per voi lo strumento per operare una revisione, anzi una inversione della Costituzione. questa legge risponde anche ad un' altra esigenza, del tutto interna alla Democrazia Cristiana e collegata all' intima natura conservatrice e sovente reazionaria di un partito che si appoggia alla Chiesa e in una certa misura ne è il braccio secolare. non sono mancate, non mancano forze cattoliche di progresso democratico e liberale e arditamente progressiste; ma prima o poi queste forze sono entrate in conflitto con il cattolicesimo gerarchico, che poi è il cattolicesimo tout court , per cui fin dai tempi di Romolo Murri si poteva sostenere validamente come non vi possa essere Democrazia Cristiana senza eresia o scisma religioso. l' analisi di questo fenomeno ci porterebbe assai lontano, ma permettete ch' io mi richiami assai rapidamente alle più recenti esperienze storiche. quando nel 1905, dopo lo sciopero generale del 1904, Giolitti indisse le elezioni per dare « una lezione ai socialisti » , il Vaticano ritirò per la prima volta il non expedit in un certo numero di collegi per permettere alle masse cattoliche di affiancare le forze della conservazione allarmate dal primo sciopero generale . il non expedit fu ritirato nel 1913 in 330 collegi con il famoso patto Gentiloni che assicurò la vittoria a 228 candidati liberali i quali tornati alla Camera con la coda di paglia del patto Gentiloni, rapidamente scivolarono dalle posizioni giolittiane, che, malgrado tutto, erano delle posizioni abbastanza avanzate, a quelle salandrine, di aperta reazione nazionalistica e clericoconservatrice. il primo dopoguerra vide sorgere il Partito Popolare su delle posizioni democratiche; però, il Partito Popolare si frantumò nel 1923, quando fu posto in maniera categorica di fronte alla scelta tra destra e sinistra; e non è un caso che si frantumasse proprio mentre si discuteva la legge Acerbo , una legge elettorale che per il suo spirito, per le cause da cui sorgeva, per gli obiettivi che si proponeva, aveva molta somiglianza con la legge attuale, vale a dire che nella dinamica democristiana. le forze, che con un termine alla moda chiamerò « destrorse » : hanno sempre finito per prevalere. orbene la spiegazione meno vile che si può dare di questa legge è che essa sia stata suggerita all' attuale gruppo dirigente della Democrazia Cristiana dalla intenzione di sfuggire alla necessità di una scelta tra la sinistra e la destra. ma in tal caso si tratterebbe non di una barriera ma di un passaggio a livello; e davanti ad un passaggio a livello ci si ferma uno o due minuti, ma poi si passa. se contro la pressione della destra clericale interna e della destra neofascista esterna gli uomini del centro democristiano non hanno altri mezzi di resistenza che questa legge allora essi sono già battuti, essi, col loro immobilismo tattico e strategico hanno di già consumata la loro capitolazione. il guaio è, onorevoli colleghi , che oggi, a differenza del 1923, la Democrazia Cristiana è Stato, è il partito dirigente della borghesia italiana, ha un' immensa responsabilità nella vita politica del paese; la responsabilità che le proviene dagli appoggi che essa ha trovato tra la gente delle sacrestie e delle processioni, accesa dal fanatismo anticomunista, e tra la massa opaca dei moderati che costituirono il grosso del gregge tesserato del fascismo, arrivato al potere, e che travasatisi nel 1945 nella Democrazia Cristiana , oggi, fatti sicuri e forti dall' appoggio che viene loro dall' America, vogliono divenire i padroni del partito del quale fino a ieri si considerarono ospiti riguardosi e silenziosi. e sono costoro, oggi, che in una certa misura conducono il ballo e rendono difficile ed impossibile la scelta che è nelle cose. il prezzo che la Camera dovrebbe pagare all' immobilismo centrista è il premio di maggioranza . e forse in tutto ciò vi è anche un elemento comico, giacché — assai probabilmente — la legge non è necessaria; non è cioè detto che la Democrazia Cristiana , per governare, abbia bisogno di ricorrere a trucchi e a truffe elettorali, oppure all' allevamento, nella palude di Montecitorio, di quella speciale e strana razza di rane detta dei « minori » . sarebbe, cioè, impossibile capire quanto succede se si prescindesse dalle influenze straniere. sarebbe cioè impossibile capire la politica interna , in cui la legge elettorale si inserisce, senza por mente al fatto che questo è il prezzo che la destra italiana paga alla destra mondiale, è la conseguenza della pressione straniera sulla vita interna del nostro paese, è il risultato di rapporti di alleanza che non concernono soltanto l' eventualità di una guerra, ma coinvolgono la perdita di ogni nostra autonomia nella vita economica, nella vita sociale e in quella politica. se di ciò era ancora necessario avere la prova, ce l' ha data l' onorevole presidente del Consiglio , il quale, mentre dai nostri banchi partiva contro la maggioranza l' accusa che la legge elettorale è il risultato di una pressione straniera, preponeva al Consiglio atlantico il pool delle polizie. e mi lasci dire la Camera come di pool delle polizie ne abbiamo già conosciuto uno; quello grondante di sangue e di lacrime delle polizie fasciste e nazista onde questa vergogna per l' onore d' Italia poteva e doveva esserci evitata! onorevoli colleghi , io mi domando se votare questa legge sia possibile a chi si pone il problema del domani. l' onorevole Gonella concluse la sua relazione al congresso della Democrazia Cristiana di Roma con le parole: « il nostro tema è: domani » . sono belle parole. « domani » è il tema di tutti gli uomini che sanno guardare al di là dell' attimo fuggente; « domani » è il tema di tutti coloro che costruiscono qualcosa che deve durare più di loro e che possa o quindi trascurare gli elementi secondari e fissarsi sugli elementi fondamentali; « domani » è un grande tema per grandi partiti. ma io domando se davvero voi della maggioranza il tema « domani » ve lo siete posto mentre elaboravate questa legge. e sono convinto che il problema di « domani » non ve lo siate posto né sul piano della storia né su quello della politica. non sul piano della storia, giacché non è necessario che io ricordi alla Camera come il problema che abbiamo ereditato dal Risorgimento, e che ancora non è stato risolto, sia quello dell' inserimento delle masse nello Stato. fallita nel 1849 l' unica iniziativa democratica a grande respiro della storia del nostro paese, diplomatizzata la rivoluzione, prevalsa la soluzione moderata, per alcuni decenni il problema non fu, non dirò risolto, ma neppure visto. non lo vide Cavour, il quale col « connubio » risolse brillantemente un problema di tattica parlamentare, ma un problema di vertici non di base; e si può del resto dire che a quell' epoca problemi di base ancora non esistessero. non lo vide la destra storica , la quale aveva una elevatissima concezione dello Stato, ma aveva anche una sfiducia assoluta nelle virtù espansive della libertà nella quale teoricamente credeva. non lo risolse la sinistra storica la quale aveva minore della destra il senso dello Stato, più sviluppato il senso di classe, ma che non si risolse all' allargamento del suffragio se non per dare sodisfazione ad esigenze elettorali di classe. il capolavoro politico della sinistra fu il « trasformismo » non, cioè, il tentativo di inserire le masse nella vita dello Stato, ma quello che, per intenderci, voi andate tessendo dal 1947, onorevoli colleghi della Democrazia Cristiana (con l' amarezza, per me, che lo tentate anche nei miei confronti): il tentativo cioè di captare qua e là un socialista, un repubblicano, un liberale, per imbarcarlo sulla vostra « galera » perché dia una vernice laica, democratica o sociale, alla vostra politica. il problema non fu risolto neppure da Giolitti, per le contraddizioni e per i limiti della politica giolittiana, soprattutto verso i contadini del Mezzogiorno e i contadini in generale. la spinta per l' inserzione delle masse nello Stato venne alla fine dell' 800 e all' inizio del 900 dal partito socialista italiano. si può dire che il suo sforzo di interessare alla vita pubblica le grandi masse sia stato tra i contributi più positivi del partito socialista italiano alla formazione di un sistema e di un costume democratico. il movimento operaio in Italia è nato antistatale e non poteva essere diversamente. Andrea Costa arrivò al socialismo dall' anarchia, e il maggiore impegno politico, del gruppo socialista milanese, che faceva capo a Filippo Turati, fu di vincere le tendenze anarcoidi richiamando il popolo alla vita collettiva, di classe, nazionale e internazionale. l' arma politica di cui i socialisti si valsero fu il suffragio universale . i risultati si videro nel 1915, quando, malgrado l' intervento in guerra sollevasse vastissime opposizioni, la patria fu in grado di affrontare un conflitto lungo e duro, e di sopravvivere alla sconfitta di Caporetto. e sarebbe ingiusto non rendere ai partiti cattolici il merito di avere anch' essi notevolmente contribuito all' inserimento delle masse nella vita pubblica , non appena col tempo furono in condizione di liquidare le tendenze antistatali conseguenti al fatto che lo Stato unitario e liberale si era formato in lotta col papato. nel 1919 essi chiamarono alla vita pubblica vasti ceti di contadini e di agricoltori. in questo senso, se non sbaglio, Gramsci parlò di un rapporto del Partito Popolare rispetto al partito comunista identico al rapporto Kerenski-Lenin, nel senso che i popolari avevano posto in movimento masse destinate a sfuggire loro di mano nella dinamica delle lotte sociali. ciò non poté avvenire, anche perché sopravvenne il fascismo a stroncare ogni esperienza democratica e a mutare radicalmente il rapporto Stato-masse, sostituendo la caricatura del partito unico e la tessera obbligatoria alla spontanea inserzione dei cittadini e dei partiti nello Stato. signori del Governo, ciò che mi sorprende è che voi non vi siete chiesti cosa può rappresentare nella attuale fase della vita politica la vostra legge; quale contributo essa darebbe al risorgere di tendenze romantiche e anarcoidi, quelle, per intenderci, del calcio finale che manda all' aria tutta la baracca, le grand soir dei giacobini. io sono impressionato dal numero crescente di lettere che ricevo con l' invito alla astensione elettorale. mi scrive uno dei miei corrispondenti: « vogliono 385 seggi? dateglieli tutti e non se ne parli più. se ne accorgeranno cosa vuol dire legiferare senza il vostro consenso o magari senza il vostro « no » che è pur sempre un avallo di legittimità » . ricevo da un grande centro operaio, che non ha tradizioni di Gandhismo, lettere in cui mi si suggerisce l' idea della astensione elettorale associata ad una campagna di non collaborazione civile. a me pare che non siamo ancora al punto da dover prendere in considerazione misure tanto esasperate di lotta; ma ci possiamo arrivare e ci possiamo arrivare presto. intanto il fatto solo che si riaffacciano tendenze del genere dovrebbe allarmarvi, perché nel movimento operaio del 900, di astensione dalle elezioni si è parlato soltanto nel 1924, su proposta di Camillo Prampolini, in occasione, delle elezioni indette con la legge Acerbo . vi siete chiesti, onorevoli colleghi , quali problemi si presenteranno alla prossima legislatura, quali problemi il Parlamento di domani avrà da risolvere? o debbo io credere che voi fate una legge elettorale senza interrogarvi sul compito e l' autorità della Camera che da essa prenderà vita? c' è un' inflazione in atto ed esiste la minaccia ch' essa, per ora contenuta, assuma carattere travolgente. non è un fenomeno soltanto italiano, è un fenomeno europeo. il franco francese fa acqua da tutte le parti; la sterlina dopo l' ultima riunione del Commonwealth dà nuovi segni di debolezza; la lira è tenuta con i denti; perfino il dollaro è in ribasso, e per difenderlo il partito repubblicano , che sta per assumere la direzione dell' amministrazione degli USA, sarà costretto a prendere misure che ricadranno sull' Europa occidentale . se dovesse sopravvenire una crisi monetaria, osereste rimettere le vostre decisioni e le vostre speranze in un Parlamento squalificato? vi sono, onorevoli colleghi , conflitti sociali che vanno considerati molto seriamente. vi sono i disoccupati che letteralmente non ne possono più, vi sono i pensionati in istato di esasperazione, vi è stato in questi giorni uno sciopero nei ministeri finanziari e si considera pressoché inevitabile un secondo sciopero dei ferrovieri. quando si tratta di conflitti con i dipendenti dello Stato, il Governo tenta qualche volta la mediazione del Parlamento. che mediazione sarebbe quella di un Parlamento nel quale ci aveste costretti a costituirci in una specie di Aventino interno o ci aveste ridotti ad un ostruzionismo permanente? e vi sono ben altri motivi di preoccupazione. l' opinione pubblica mondiale considera che gli anni dal 1953 al 1955 siano da considerarsi tra i più critici della situazione mondiale. sarà la pace? sarà la guerra? andiamo in Asia verso una soluzione dei conflitti o andiamo viceversa verso il loro allargamento? supererà l' Europa la crisi tedesca? inciamperà nella crisi tedesca? avete pensato che potrebbe toccare alla Camera eletta nella primavera del 1953 di dare una soluzione al tragico problema: intervento o neutralità? non svolgo il tema. mi basta suggerirlo alla vostra meditazione. voi sapete che non c' è problema più grave e più angoscioso di questo. la sola ipotesi che esso si possa porre dovrebbe indurvi a volere con noi che il Parlamento di domani sia lo specchio del paese, la carta politico-geografica della nazione, ne sia la espressione autentica e sincera, così che la sua parola faccia legge. è assurdo, onorevoli colleghi , che voi vi rassegniate (giacché siete soltanto rassegnati a questa legge e non convinti), è assurdo che vi rassegniate a dare vita ad una legislatura priva di potere sovrano, ad una Camera in sede vacante. qui potrei tacermi giacché credo che l' opposizione, ponendovi questi problemi, dimostri di collocarsi sul piano della solidarietà nazionale e democratica. qui potrei tacermi, se non avessi da dare una risposta ai socialdemocratici, che è, probabilmente, quanto di più interessante la Camera attende da me con una attenzione della quale la ringrazio. e darò la mia risposta all' onorevole Calamandrei piuttosto che all' onorevole Saragat, benché, parlando all' uno, speri che l' altro ascolti. con Saragat la polemica è ormai venuta a noia. e poi il solco che egli aveva tracciato con noi nel 1947 accenna a diventare un abisso, ed attraverso gli abissi ci si parla male e ci si intende peggio. l' onorevole Calamandrei mi ha invitato a riflettere sulle mie responsabilità. è un tema molto abusato: da anni non apro un giornale borghese senza leggere che sono responsabile di questo, di quello e di quell' altro ancora. chi rivolge il discorso delle responsabilità a me personalmente mi fa ad un tempo troppo onore e troppa ingiuria: troppo onore se crede che l' atteggiamento del partito socialista italiano, e della larga parte delle masse popolari che lo segue, dipenda da me; troppa ingiuria se crede che io non abbia riflettuto su questi problemi. personalmente non so cosa dire a chi svolge il tema « vieni con noi! » se non che si tratta di tempo e fiato sprecato. modestamente, ho cercato in questi ultimi trent' anni di guadagnarmi la stima della classe operaia del mio paese. di una sola prospettiva ho terrore, quella che possa venire il momento in cui un operaio, aprendo il suo giornale al mattino e leggendovi di atti miei, fosse costretto a gettarlo a terra sdegnato dicendo: « anche lui! » . credo che questo non avverrà mai; vorrei aggiungere che non sarebbe nell' interesse di nessuno che avvenisse, neppure nel vostro, signori della maggioranza. avreste un aderente di più alla compagnia della buona morte che aspira a posti di Governo, non avreste un operaio, un lavoratore, un onesto cittadino di più, perché i lavoratori che hanno fiducia in me non mi accordano il bene prezioso della loro amicizia e della loro stima che nella misura in cui so meritarla. perché abbia un senso, il discorso sulle responsabilità va rivolto al partito socialista italiano, il più vecchio partito operaio del nostro paese, un partito un po' sgarbato, un po' maleducato, un po' plebeo, come gli operai ed i contadini del nostro paese che sono più sgarbati, più maleducati e plebei di quelli di Londra o di Stoccolma perché sono vissuti e vivono in condizioni diverse di quelli. però il nostro è un partito di gente onesta e responsabile. che cosa gli rimproverate? di essersi confuso — voi dite — col partito comunista . lascio da parte le considerazioni di classe o di dottrina che volgono per i nostri congressi; sorvolo su ogni valutazione di carattere sentimentale: (ieri sera il mio fraterno amico Targetti l' ha fatto come io non saprei); ma, onorevoli colleghi , parliamo in termini di politica. voi che criticate e condannate l' unità d' azione, vi siete mai posti il problema se l' unità d' azione sia una causa o sia una conseguenza? in altri termini, noi socialisti facciamo la politica che facciamo perché impegnati dall' unità d' azione, o la facciamo perché questa è la politica della classe operaia del nostro paese? è vera la seconda cosa, cioè che socialisti e comunisti ci incontriamo su un terreno comune di lotta, che è la lotta che ci è imposta dalla borghesia del nostro paese; la lotta che, per difendere la Costituzione e la pace e per attuare un po' più di giustizia sociale , voi ci imponete! voi che criticate e condannate l' unità d' azione, avete mai tentato di creare una situazione politica nuova e diversa, in cui l' unità d' azione potesse risolversi nel solo modo in cui ciò può avvenire, vale a dire col suo superamento? Giolitti lo avrebbe fatto. voi non lo avete fatto. non lo ha fatto l' onorevole De Gasperi , il quale ci ha posto sempre delle pregiudiziali che abbiamo dovuto respingere, come sempre le respingeremo, giacché non è in base a delle pregiudiziali che si risolvono i problemi della vita democratica del paese. non lo ha fatto la socialdemocrazia. come fiancheggiatori della Democrazia Cristiana voi, colleghi di parte socialdemocratica, siete allo stesso gradino in cui erano i liberali fiancheggiatori del fascismo. non avete posto mai nessun problema politico o sociale destinato a creare una situazione politica nuova. siete entrati o usciti dai ministeri per ragioni di ordine personale o di gruppo, ma che non hanno mai segnato una svolta politica. non vi è una riforma, non una iniziativa alla quale sia legato il nome della socialdemocrazia. non a caso ho citato, interrompendo Saragat, il nome di Bevan, cioè di un laburista, di un socialdemocratico, il quale una impronta ha cercato di lasciarla, una iniziativa l' ha presa: quella di invitare il suo paese a non servire l' America a corpo perduto, fino a perdere se stesso ; e la sua iniziativa l' ha presa nelle condizioni più difficili, dimettendosi da un Governo che era il Governo del suo partito, ed entrando in lotta col gruppo dirigente del suo partito. da voi non è venuta mai una parola, una idea, una iniziativa. quando si è formata una sinistra socialdemocratica, essa ha preso nome da Romita, e questo bastava a tracciarne il destino; era come cadere dalla padella nella brace. della assenza di una iniziativa del centro sinistro è responsabile anche la sinistra democristiana. essa ci ha dato ogni tanto dei considerevoli « a solo » , dei buoni discorsi, ma non una politica. ora non si modifica una situazione con dei discorsi che servono a mettere più o meno a posto la propria coscienza individuale. chi vuole agire in una situazione determinata deve accettare la lotta e i rischi della lotta. se no è uno spettatore, non un attore. voi che ci criticate potete negare che siamo stati i soli a cercare di contrastare l' involuzione della classe dirigente del nostro paese? potete negare che ci siamo sforzati di dare alla politica della distensione un contenuto di politica estera , di politica interna , di politica sociale , che non abbiamo mai preteso fosse accettato da voi così come ve lo proponevamo; ma che vi offrivamo come motivo di dialogo e di discussione? il dialogo è stato rifiutato. l' amico onorevole Calamandrei ha detto una cosa grave nel suo discorso, che io spero abbia voluto essere la costatazione di un fatto e non la sua accettazione. egli ha detto che pesano sul comunismo delle « fatalità internazionali » , che finirebbero per pesare anche su noi socialisti, se non ci separassimo a tempo dai comunisti, rompendo la politica dell' unità operaia, che è stata sempre la politica dei socialisti, anche la politica di Filippo Turati, il quale, nel 1905, nel 1911 e nel 1922, rinunciò alla collaborazione ministeriale per non rompere l' unità operaia e di ciò non ebbe mai a pentirsi. amico Calamandrei, « le fatalità internazionali » che pesano sul partito comunista noi lo sappiamo cosa sono: sono « il veto americano » . noi non lo accettiamo e non lo accetteremo mai. quando in tempi recenti ci siamo trovati di fronte a un veto inglese di proporzioni ridotte, che riguardava Sforza, non l' abbiamo accettato. figuratevi se vogliamo e possiamo accettare un veto che colpisce due milioni e mezzo di operai, di contadini e di intellettuali comunisti del nostro paese! eppure, noi non abbiamo preteso e non pretendiamo, come non lo hanno preteso e non lo pretendono i comunisti, che la sola soluzione possibile ai mali presenti sia la ricostituzione del tripartito. sappiamo che il 1952 non è il 1946. e perciò abbiamo proposto e proponiamo, e siamo pronti a secondare con ogni energia, una politica che abbiamo definito della coesistenza e della distensione sulla base di un programma sul quale sia possibile realizzare la convergenza di tutte le forze popolari e creare una situazione politica nuova. se la Democrazia Cristiana , per ragioni religiose, o di politica interna o internazionale, non può accettare oggi la collaborazione col partito comunista , ebbene nessuno glielo impone. da questo al tentativo di estromettere dalla vita nazionale un grande partito che ha dato il maggior contributo di sangue alla Resistenza e alla liberazione, da questo al volgare anticomunismo dell' onorevole Gonella, ci passa molto ed è ciò che ci indigna; non il fatto che voi rifiutate una collaborazione che avete praticato fino al 1947 e che nel 1943 e nel 1944 mendicavate come un favore ed una grazia. l' onorevole Marotta ha detto un po' celiando e un po' contando sul successo che la sua freddura avrebbe avuto nelle redazioni, che la legge Scelba potrebbe chiamarsi legge Nenni. è un giudizio politico completamente sbagliato. quando si cominciò a parlare di una legge elettorale maggioritaria e si lasciò intendere quello che poi molti oratori hanno affermato alla Camera, e che cioè la sua giustificazione stesse nella politica dei fronti o dei blocchi di sinistra, noi socialisti, studiando la situazione politica del paese, eravamo già giunti alla conclusione che, per meglio esercitare e con maggiore spirito di conseguenzialità, la politica della distensione; per poter adempiere nella pienezza dei nostri mezzi la funzione che ci siamo assegnato in caso di conflitto, di far prevalere la neutralità contro l' intervento, dovevamo affrontare le elezioni politiche con liste di partito, senza per questo ripudiare o rinnegare la nostra politica unitaria. non abbiamo mutato avviso e così faremo nelle prossime elezioni. delle nostre decisioni io informai il presidente del Consiglio nel marzo scorso. egli mi disse allora che si trattava di un fatto nuovo che meritava riflessione e che potevamo riprendere il discorso dopo le elezioni amministrative . il discorso non l' abbiamo ripreso, o meglio quando l' abbiamo ripreso fu a cose compiute, cioè giusto alla vigilia del giorno in cui il ministro Scelba ha presentato il suo disegno di legge al Consiglio dei ministri . non si è voluto accettare la discussione. in queste condizioni come osate far carico a noi di questa legge? sarebbe nostra perché nel 1948 ci presentammo alle elezioni col fronte? ma noi non ingannammo nessuno; l' elettore che ci dette il voto sapeva di darlo a due partiti che gli presentavano un concreto e preciso programma. dov' è, signori del centro, il programma della vostra coalizione elettorale? dov' è il programma dell' apparentamento? quando affrontate questo tema, voi sconfinate nella luna o divagate sui valori cristiani, cose rispettabilissime, ma senza valore programmatico. orbene, onorevole Calamandrei, proprio perché le cose sono andate così, l' alternativa socialista che ci facesti carico di aver sacrificato, esiste ed è più attuale che mai. diceva Croce che la virtù degli uomini sta nel saper cogliere le occasioni. l' occasione noi la sapremo cogliere. l' occasione l' ha intravista la socialdemocrazia quando al suo congresso di Bologna ha deliberato di non accettare la politica degli apparentamenti e di difendere la proporzionale. l' occasione l' hanno colta l' onorevole Calamandrei e i suoi colleghi della Camera che voteranno contro la legge e, spero e mi auguro, la combatteranno nel paese insieme con noi. l' occasione l' hanno colta gli operai della « Grandi motori » di Torino o quelli di Savigliano, stracciando le tessere socialdemocratiche. a rendere attuabile e possibile, anche per i socialdemocratici, l' alternativa socialista, basterebbe la volontà da parte loro di respingere la legge in discussione. che cos' è che rende impossibile l' accordo? lo ha detto l' onorevole Calamandrei, quando ha proclamato che il pericolo per la democrazia è a destra e non a sinistra. questo è il motivo di fondo della nostra politica dal 1946 ad oggi. noi non abbiamo fiducia nella fedeltà democratica della borghesia italiana! per noi i pericoli per la libertà e per la democrazia sono pericoli di destra. se nel 1947 avessi potuto convincere Saragat di questa verità, della quale era stato convinto per 20 anni, non vi sarebbe stata la scissione socialista; se la sinistra socialdemocratica avesse di ciò convinto il congresso di Genova, oggi saremmo fianco a fianco nella stessa battaglia. ed io ho fiducia che l' alternativa socialista la porremo anche senza — o contro — la socialdemocrazia. ed ho un' altra fiducia, anzi una certezza: che l' unità dell' elettorato socialista si farà nelle elezioni della primavera del 1953 dietro la bandiera e dietro il simbolo del partito socialista italiano! la socialdemocrazia ha reso più difficile il compito, non l' ha reso impossibile. e proprio perché non consideriamo il nostro compito impossibile, abbiamo, onorevoli colleghi , con tranquilla coscienza accettato la responsabilità dell' ostruzionismo contro la legge elettorale . era il nostro dovere, un dovere di fronte al quale l' avanguardia della democrazia e i socialisti poi hanno esitato mai. né noi esitiamo. non conosco i propositi del Governo, non so se farà suo il motto che fu di De Pretis quando presentò la legge per l' allargamento del suffragio universale (ed era una legge democratica quella, quanto questa è reazionaria): « o con questa o su questa » . se fosse tentato di farlo sappia che noi non siamo sul punto di arrenderci, e non siamo neanche sul punto di rassegnarci. intanto un risultato lo abbiamo ottenuto, quello che probabilmente ci premeva di più: dare coscienza al paese che qui non discutevamo di futili cose, della sorte personale di Tizio o di Caio nelle elezioni del 1953, ma discutevamo un grande problema di fondo della società e della democrazia italiana. Turati diceva che l' ostruzionismo è inutile se non solleva nel paese indignazione e insurrezione morale. ebbene, l' indignazione vi è, l' indignazione morale incomincia. noi faremo quanto dipende da noi perché si sviluppi. e voi, onorevoli colleghi della, maggioranza, ricordatevi il motto recente di Bevari: « per governare, le teste o si contano o si rompono » . se le volete contare, non potete rubare sul conto; se le volete contare, deve essere un conto onesto. voi avete calcolato tutto sulla bilancia del falso monetario: il peso giusto per trasformare una minoranza reale in una maggioranza legale. l' onorevole Scelba, per essere sicuro del fatto suo, ha fatto una piccola aggiunta valutando il quorum di maggioranza in base ai voti validi, ciò che vi permetterà di trasformare il dogma del 51 per cento eguale 65 per cento nel dogma 45 per cento eguale 65 per cento . avete tutto previsto: anche il prezzo da pagare agli « utili parenti » . avete messo in magazzeno la Corte costituzionale e il referendum, e forse vi proponete di ritirarli fuori ad elezioni avvenute perché servano da quinte al vostro teatro di burattini. non avete previsto le reazioni popolari. voi dovreste ringraziarci, onorevoli colleghi , se la nostra opposizione, e quella non meno tenace che la sinistra condurrà in Senato, vi offre l' occasione di meditare per molte settimane ancora....... sugli inconvenienti della vostra legge e vi offre la possibilità di tornare al punto di partenza : quello di una leale e aperta consultazione del corpo elettorale senza imbrogli e senza violenze. questo solo vi domandiamo. credetelo, onorevoli colleghi , se vi riesce possibile, non credetelo se vi fa comodo, ma ciò che combattiamo nella vostra legge elettorale è meno la legge in sé che la « frattura irreparabile » , in essa implicita, secondo l' onesto giudizio dell' onorevole Corbino. per usare la tribuna parlamentare a fini di propaganda saremo sempre in troppi; se dobbiamo tornare a gridare « viva il socialismo! » , o a dirvi in faccia il nostro disprezzo, basteremo in 10. vogliamo invece tornare nella Camera del 1953 per fare della politica e abbiamo perciò bisogno di tanti posti quanti il popolo ce ne darà, pochi o molti che debbano essere, giacché nessuno sa quello che il popolo deciderà. perciò votiamo contro la legge per votare contro l' irrigidimento dell' attuale situazione, contro il contenuto larvato di guerra civile che è nella vostra legge. malgrado l' irritazione attuale degli spiriti, malgrado l' inevitabile violenza attuale delle passioni, usiamo del mezzo estremo dell' ostruzionismo per conservare al popolo una possibilità di distensione e di ordine costituzionale e democratico.