Palmiro TOGLIATTI - Deputato Opposizione
I Legislatura - Assemblea n. 1027 - seduta del 08-12-1952
Sulla situazione del Golfo Persico e sulle conseguenti decisioni del Consiglio dei ministri
1952 - Governo Goria - Legislatura n. 10 - Seduta n. 15
  • Attività legislativa

non sfugge certamente a lei, signor presidente , che, dopo le prime battute di ieri, le quali, per il loro stesso carattere sospensivo, lasciavano in certo modo in disparte la sostanza della legge, tocca a me l' onore e il carico di essere il primo dei deputati il quale interverrà per dibattere la sostanza della legge stessa, in rapporto, naturalmente, per ciò che mi riguarda, alla sostanza del nostro ordinamento costituzionale. e voi non stupirete, onorevoli colleghi , se vi dico che in questa situazione e in questo momento vi è in me uno stato d'animo particolare, quasi del navigante che primo mette sé « per l' alto mare aperto » , e gli hanno detto che questo mare potrà essere tempestoso, e sa che molto probabilmente lo sarà. conosciamo esattamente la gravità della situazione creata dalla presentazione di questa legge che dovrebbe radicalmente modificare il nostro sistema elettorale ; particolarmente, però, ci colpisce la gravità — e direi anche la eccezionalità — del modo come la discussione stessa è stata impostata, condotta nelle sue fasi preliminari, in trattative fra i dirigenti di alcuni partiti politici e, quindi, non davanti al Parlamento, e poi, in seguito, nella commissione parlamentare chiamata all' esame dei disegni di legge di questo contenuto. riflettendo a queste cose, non possiamo sfuggire a un senso di profonda amarezza. l' amarezza deriva dal fatto che non possiamo non ricordare che non sono passati più di cinque o sei anni da quando esisteva nel nostro paese un' atmosfera di convivenza e, entro certi limiti, anche di collaborazione politica, la quale aveva consentito alla grande maggioranza del popolo italiano di concepire una speranza: la speranza che, sul binario tracciato dalla Costituzione, che allora venne approvata a grande maggioranza, si sarebbe potuto fare molto cammino senza che si giungesse di nuovo a situazioni esasperate di palese prepotenza da un lato, di consapevole oppressione dall' altro. sotto all' amarezza, però, la nostra mente comprende e la nostra volontà è chiara. comprendiamo quello di cui si tratta. questa legge è il primo atto di natura legislativa col quale si tende a sovvertire il nostro ordinamento costituzionale. è un fatto che seguendo il binario e dentro i limiti tracciati della Costituzione repubblicana, pur avendo dato le prime elezioni repubblicane la maggioranza assoluta del Parlamento a un determinato partito, nonostante questo le forze popolari sono così grandi che è stato ancora possibile ai lavoratori di tutte le categorie muoversi, organizzarsi, combattere per i loro interessi e ideali, e ottenere successi determinati, esercitare, quindi, una determinata influenza sugli indirizzi della politica nazionale. così è stato anche possibile ai cittadini, nonostante la contraria volontà e azione del governo , di organizzarsi, agitarsi, manifestare e combattere per la pace d' Italia. tutto questo poté avvenire entro l' ambito della Costituzione repubblicana e dette a una gran parte del popolo certi vantaggi, perché i lavoratori poterono, ripeto, in questo modo, esercitare la loro influenza non solo nella difesa degli interessi loro immediati, ma nella asserzione e difesa ragionata e forte di quello che ritengono essere l' interesse di tutto il paese. questo non piace, questo non si vuole, e sappiamo anche esattamente chi ispira le mosse che attualmente il Governo sta predisponendo e di cui la prima è la proposta di questa nuova legge elettorale . noi comprendiamo: dunque, e anche la nostra volontà, ripeto, è chiara. vogliamo prima di tutto che la sostanza del problema che qui si sta dibattendo risulti evidente, limpida a tutti i lavoratori e a tutti i cittadini, avversari, amici, nemici. occorre che tutti sappiano che cosa secondo noi i: in giuoco, di che cosa di tratta, affinché il paese intero possa, con piena coscienza delle proprie responsabilità e delle responsabilità che oggi incombono prima di tutto a noi, far fronte alla situazione che già si sta creando oggi e che si vorrebbe consolidare domani. occorre che il paese, cosciente di questo, sia messo in grado di schierarsi con le proprie forze liberali e democratiche, con le proprie forze socialiste, con le proprie forze di progresso a difesa del proprio ordinamento costituzionale democratico e repubblicano. quindi, il nostro desiderio è che il dibattito, anche se inevitabilmente non potrà non essere in qualche momento vivace, sia però ampio, approfondito, non lasci nell' ombra nessuno degli aspetti della questione che qui viene presentata e sulla quale siamo chiamati a deliberare. un dibattito simile, onorevoli colleghi , già avrebbe dovuto aver luogo nella commissione. ciò che è avvenuto nella I Commissione della nostra Assemblea, dibattendosi di questa legge, non ha precedenti se non fascisti nella nostra vita politica e costituzionale. ripeto: non ha precedenti se non fascisti. l' unico precedente è quello della legge Acerbo . e non tocco ancora la sostanza; tocco soltanto il modo come si è discusso. quando venne presentata la legge De Pretis per la introduzione dello scrutinio di lista e l' allargamento del suffragio, la presentazione fu della fine del maggio 1880, l' approvazione fu nel mese di giugno 1881. la legge venne in Parlamento nel mese di dicembre 1880, dopo sette mesi dalla presentazione. la legge Giolitti sull' allargamento del suffragio, sino a renderlo praticamente universale, presentata nel giugno 1911, venne rinviata alla discussione in Aula nel maggio 1912. sulla legge Nitti, che confermò il suffragio universale e introdusse lo scrutinio di lista con rappresentanza proporzionale nel 1919, le discussioni incominciarono nell' Aula nel novembre del 1918, e nelle Commissioni si discusse dal marzo al luglio 1919. il solo precedente è dunque quello della legge Acerbo , discussa in un numero di sedute che non so nemmeno se fosse inferiore a quelle che sono state tenute dalla nostra prima Commissione per discutere la legge attuale. e perché, onorevole presidente , faccio questa osservazione? perché l' eccezionalità del dibattito rivela l' eccezionalità del contenuto e la consapevolezza precisa, nel Governo e in coloro che lo sostengono, di questa eccezionalità, la quale deriva dal fatto che si tratta di una legge che tocca e lede l' ordinamento costituzionale dello Stato. ci troviamo di fronte. cioè, a una legge eccezionale. questa è la prima cosa di cui occorre che il paese si renda consapevole. e del resto voi stessi state compiendo atti tali che non avranno altro risultato che di rendere consapevole il paese dell' eccezionalità della misura che proponete. qui mi si permetta dunque di esprimere ancora una volta una vivace protesta per il modo come nella Commissione il dibattito si è svolto, senza tra l' altro che gli oppositori della legge avessero la sodisfazione, — e non si tratta di un piacere, ma di un diritto, di ascoltare una spiegazione ragionata da parte del Governo, dal presentatore di questa legge che è il ministro dell'Interno , del perché questa legge viene presentata e del perché essa è costruita in questo modo. mi permetta, signor presidente , di levare ancora una volta una protesta contro questo procedimento. mi permetta però anche, poiché sono giunto a questo punto, di levare da questa tribuna altra fiera protesta per il modo, non degno, come in organi dell' opinione pubblica , evidentemente ispirati (non posso infatti credere che un pubblicista di mente chiara e di animo sincero possa pensare cose siffatte) viene condotta una sistematica campagna per gettare il discredito sul Parlamento prendendo pretesto da incidenti, sempre deplorevoli ma alle volte inevitabili e nessuno dei quali finora ha assunto la gravità del fatto qui dentro avvenuto quando un deputato della maggioranza ruppe un osso del cranio a un altro deputato che lo aveva contraddetto. sì, sono avvenuti qui dentro incidenti, ed altri forse ne avverranno ancora, come sempre ne avvengono nei parlamenti. ma noi protestiamo contro il fatto che ogni tentativo di dibattere una questione di fondo e con serietà da parte della opposizione venga qualificato ostruzionismo e sabotaggio. in questo modo davvero si vilipendono i diritti della opposizione nel Parlamento e si vilipende il Parlamento stesso. protestano contro il fatto che oggi si possa leggere su non so qual quotidiano che sarebbero pronti 400 carabinieri agli ordini di un colonnello per venire, trombette in testa, a ristabilire l' ordine nell' Assemblea parlamentare . protestiamo contro la menzognera asserzione che una minaccia simile sia stata fatta a noi, ieri, quando si cercava il modo di liquidare l' incidente che tutti ricordano. debbo dichiarare, ad onore della nostra Presidenza, che ieri, quando quell' incidente venne discusso e liquidato, mai venne fatto cenno alcuno a un fatto simile, ai 400 carabinieri col colonnello e la trombetta! si è persino pubblicato che prima di entrare qui ci saranno certi squilli di tromba. non so, né vi è il ministro della guerra e quindi non posso domandargli quale fanfara si potrebbe in questo caso intonare tra le tante che conosce la caserma dei carabinieri. non riesco a sfuggire, però, alla dolorosa impressione che gli squilli di quella fanfara suonerebbero come le note della marcia funebre del Parlamento e della libertà in Italia. il modo della discussione, dunque, fino ad oggi non è stato normale. e questo lo ripeto già indica il fatto che ci troviamo di fronte a una legge eccezionale, di cui i proponenti stessi e i partiti che li sostengono sanno che tante a modificare l' ordinamento fondamentale, la Costituzione dello Stato. giunto a questo punto ed entrando nel cuore della questione, credo di non aver bisogno di riferire le numerose a attestazioni dei più noti e grandi autori del diritto costituzionale , i quali sottolineano il valore decisivo della legge elettorale per l' ordinamento costituzionale dello Stato. cosa curiosa: persino nella relazione Casertano alla legge Acerbo , si ricordavano due delle più famose asserzioni in questo senso, quella del Montesquieu, quando asseriva essere la legge elettorale « legge fondamentale » dello Stato costituzionale allo stesso modo che nella monarchia di diritto assoluto è legge fondamentale il diritto di eredità, e del Royer-Collard, quando asseriva essere la legge elettorale « una vera Costituzione » . vi risparmio quindi le citazioni concrete dei costituzionalisti i quali hanno affermato che fra le questioni costituzionali non ve ne è una tanto vitale per l' ordinamento delle garanzie pubbliche e che tocchi tanto da vicino la vita politica di tutto il popolo, quanto la legge elettorale ; hanno ribadito che la elezione è il perno di tutto il sistema costituzionale; hanno confermato che nella elezione sta il germe di tutto ciò che è veramente costituzionale, che questa è la legge matrice del libero popolo, che se tutte le leggi fossero buone e la legge elettorale pessima in quel paese vi sarebbe agitazione, sventura, tirannide. Gian Domenico Romagnosi già aveva riassunto più di un secolo fa (prestate attenzione a questo) questa posizione, affermando che la « teoria della elezione altro non è che la teoria della esistenza politica della Costituzione » , e quindi che è « manifesto essere la materia delle elezioni l' oggetto il più geloso che l' ordinamento dello Stato deve statuire » . a questo proposito, non esistono eccezioni nella dottrina, ed evidente risulta, per conseguenza, che quando il diritto elettorale venga radicalmente modificato è la Costituzione che viene posta in discussione e toccata. quando poi si giunga a dimostrare che un determinato ordinamento elettorale che si propone è contrario a determinate norme fissate nella Costituzione, è la Costituzione stessa che viene violata, distrutta. questo è il secondo punto importante, che venne in luce in discussioni parlamentari parecchie volte, in modo diretto e indiretto. permettetemi di ricordare uno di questi casi; particolarmente interessante proprio oggi per la natura ideologica della forza alla quale ci troviamo di fronte nella difesa della Costituzione repubblicana e alla quale ci si trovava di fronte anche allora. mi riferisco alla situazione che si creò nel Parlamento subalpino negli anni tanto difficili degli inizi di esistenza e funzionamento di un ordinamento costituzionale in Italia, dopo il 1848 e il 1849, fino al 1854. voi sapete perché furono anni difficili. vi erano stati fatti gravi e prima di tutto una sconfitta terribilmente dolorosa. dopo quella sconfitta, accentuata erasi la tendenza, da parte del ceto reazionario e dei gruppi politici clericali, a sopprimere il regime costituzionale . dati i precedenti, però; dato il modo come si erano messe le cose nel resto d' Italia, dato il giuramento che aveva fatto la corona, la quale allora rispettava ancora i giuramenti, non si poteva sopprimere apertamente lo statuto. la ricerca dei reazionari e dei clericali era quindi quella di un mezzo che permettesse di mettere da parte lo statuto, modificando altre leggi. l' esempio del colpo di stato napoleonico era, poi, contagioso. era questa la posizione del conte Ottavio Tahon di Revel, che giunse a dire nel Parlamento subalpino : « lo statuto l' ho giurato e lo osserverò. le leggi organiche non le credo parte dello statuto e penso che possano essere mutate a seconda della convenienza, e dell' utilità che, a tal uopo, possono ravvisarsi » . sembra di leggere la relazione Scelba. a questa tendenza subdolamente anticostituzionale, energicamente si opponevano i grandi, coloro che non solo affermarono la necessità di un regime liberale, costituzionale e rappresentativo, ma lo costruirono e difesero con energia. Camillo di Cavour, per il primo, il quale, in un discorso pronunciato al Parlamento subalpino l' 8 marzo 1854, così si esprimeva: « vi sono vari modi di essere monarchico-costituzionale. vi è un modo tale che, se si applicasse, mentre dello statuto rimarrebbe forse la parola, ne sparirebbe la sostanza. quando uomini costituzionali giungessero a mutare la legge elettorale o a riformare radicalmente la legge sulla stampa, potrebbe ancora rimanere il nome della Costituzione, ma la cosa non sarebbe più » . e prosegue: « io lo dichiaro altamente. amico della realtà, nemico delle illusioni, amerei meglio vedere la libertà soppressa che vederla falsata e vedere ingannato il paese e l' Europa » . un altro deputato al Parlamento subalpino , della stessa corrente costituzionale e liberale, Giovan Battista Michelini, già aveva detto con estrema precisione, ponendo, in sostanza, la stessa questione che oggi sta dinanzi a noi: « ricordiamoci che una tenue linea separa il governo costituzionale dal governo assoluto, che facilmente quello in questo degenera, conservando le forme ma perdendo la sostanza » . ecco quello che oggi si cerca di fare. da un Governo non soltanto costituzionale e liberale, ma democratico e rappresentativo quale è sancito dalla nostra Costituzione, si cerca, ipocritamente salvando la forma, ma superando quella linea, di giungere a un governo di ben altra natura, e che in seguito definirò. avendo sollevata una obiezione di prevalente contenuto giuridico, i colleghi comprenderanno che io farò bene se mi asterrò dal trattare questa questione nei suoi aspetti politici attuali e concreti, quali risultano dalle manifeste intenzioni del Partito di maggioranza e dei suoi capi. questo sarà prevalentemente oggetto dei dibattiti circa la situazione politica del paese, quando si discuterà il merito della legge. non posso però fare a meno di ricordare che queste intenzioni esistono poiché esse sono state ampiamente e pubblicamente proclamate. prima di tutto le ha proclamate il presidente del Consiglio , il quale non poteva proclamarle, perché il presidente del Consiglio ha prestato un giuramento di fedeltà alla Costituzione, e da questo giuramento deriva l' obbligo giurato di rispettare e applicare la Costituzione come cosa prima, ma poi deriva anche l' obbligo di correttezza e onestà politica di non essere lui quello che pone il problema di una modificazione costituzionale. potrà porre questo problema il suo partito... altri potranno porlo nel paese. non spetta farlo al presidente del Consiglio , che è o dovrebbe essere, dopo il presidente della Repubblica e dopo i presidenti delle assemblee parlamentari, uno dei custodi della fedeltà alla Costituzione. il congresso democristiano è venuto poi di rincalzo, accentuando e sottolineando ancora di più queste intenzioni anticostituzionali. ciò che De Gasperi e il congresso democristiano hanno fatto tende a dare una nuova impostazione politica al contrasto dei partiti: manca però di un elemento fondamentale, decisivo. non ci si è detto sino ad ora, infatti, che cosa il presidente del Consiglio vorrebbe modificare nella Costituzione. non ci si è detto che cosa il Partito di maggioranza vorrebbe modificare. non se ne sa nulla. manca persino l' onestà elementare nel contrasto politico, la quale richiede che i programmi siano manifesti. così potrà accadere che siamo costretti o il paese sia costretto a battersi nel buio, e attorno a questioni che toccano il suo avvenire. in che senso volete modificare la Costituzione? quali istituti volete sopprimere? volete venire a un accordo con le correnti monarchiche per restaurare il re? volete sopprimere l' istituto del referendum? volete cancellare i diritti sociali? quali diritti politici volete cancellare? non si sa. si sa che esiste, perché è stata dichiarata, una intenzione di revisione costituzionale, ma è una intenzione dichiarata nel modo più perfido, perché consente tutte le supposizioni e tutte le ipotesi e non delimita un campo di dibattito sul quale tutti si possono schierare con chiara visione e coscienza dell' obiettivo per cui si combatte, dell' istituto che si difende o che si vuole modificare. dopo questo accenno, lascio da parte questo problema politico e lascio pure da parte il fatto che la legge, che qui ci viene proposta, evidentemente tocca la sostanza costituzionale, in quanto artificiosamente predispone la maggioranza per il Parlamento, quando si sa che la Costituzione predetermina determinate maggioranze qualificate , ed una precisamente per rendere possibile le revisioni costituzionali. se ho ben compreso la eccezione ieri presentata dall' onorevole Basso, egli propone proprio il problema che con questa legge si predispongono gli elementi da impiegarsi domani per modificare la Costituzione, violandone così tutta una parte. l' onorevole Basso vi intratterrà, dunque, su questo argomento. il tema vero della mia eccezione è invece questo: non che la legge elettorale predisponga, in modo artificioso e truffando, strumenti adatti a violare la Costituzione, ma che la legge stessa, di per sé, per il suo contenuto, per il modo stesso come organizza, ordina e dispone l' esercizio del diritto elettorale, modifica il nostro ordinamento costituzionale e lo viola in alcuni suoi punti fondamentali e nelle conseguenze, che da questi punti derivano. la mia posizione è esattamente quella che un grande democratico prematuramente scomparso, Giovanni Amendola , sostenne, quando si discusse della legge Acerbo . a differenza di altri, che si erano limitati a mantenere il dibattito entro i termini del confronto tra diversi sistemi di conteggio dei risultati elettorali e della loro espressione nella composizione dell' Assemblea, egli pose qui la questione di fondo: « da taluno, che combatte la riforma — disse — si suggerisce o che la legge elettorale , oltre a tutto, un avviamento alla riforma costituzionale ... io non mi preoccupo eccessivamente di questa obiezione, perché penso che questa riforma elettorale è, essa stessa, la riforma costituzionale » . e aggiungeva: « questo problema il Governo attuale e il fascismo devono prospettarlo al popolo italiano , affinché abbia modo. di pronunciarsi » . la mia posizione corrisponde a questa; essa era, del resto, la posizione stessa che Filippo Turati aveva sostenuto nell' ordine del giorno da lui presentato alla commissione che discusse la legge Acerbo , dove è asserito che « evidente, immancabile effetto della legge » era di « annullare in pieno la Costituzione e sostituire al regime rappresentativo un potere angustamente oligarchico » . insisto, quindi, nell' asserzione che questa legge stessa, di per sé, già modifica e viola la Costituzione e che, se il far questo è la vostra intenzione, se volete evitare l' accusa di truffa, dovete dirlo chiaramente. di fronte a questa mia posizione, non ha nessun valore — e mi scuserete se anche qui mi distacco alquanto dalla eccezione costituzionale, per entrare nel merito; ma è prezzo dell' opera — l' obiezione a cui di solito si ricorre nella polemica contro di noi, quando denunciamo il fatto che la legge concede la facoltà a un gruppo di partiti di avere nel Parlamento una rappresentanza di tanto superiore a ciò che essi sono nel paese. ci si risponde che anche noi potremmo essere fra questi partiti! di fronte all' eccezione di incostituzionalità, quando si discute della Costituzione repubblicana e dei principi sui quali essa ha fondato il nostro Stato, questa obiezione crolla, non ne rimane assolutamente nulla. nessuno, infatti, può proporsi uno scopo contrario alla Costituzione. tutti possono proporsi lo scopo di modificare la Costituzione dichiarandolo e seguendo le strade che la Costituzione stessa indica. nessuno può proporsi lo scopo di modificarla attraverso un tranello, un trucco elettorale, una truffa. questo è, nel diritto politico , un illecito. non si sana un illecito dicendo all' avversario: tu pure puoi, varcando i termini del lecito, commettere lo stesso illecito che io commetto. lo ti prendo il portafoglio, ma tu dovevi essere furbo: dovevi prenderlo tu a me il portafoglio! vedi che abbiamo gli stessi diritti? in questo modo, com' è evidente, è distrutta la morale, sono distrutte le basi del vivere civile. non siamo più uomini. diventiamo animali che si affrontano l' uno con l' altro, con le leggi della giungla , della forza, della prepotenza e della violazione del diritto! giunto a questo punto, indico esattamente i termini dell' eccezione da me sollevata. in qual modo e perché questa legge è sovvertitrice dell' ordinamento costituzionale? essa lo è perché nella nostra Costituzione vi è una determinata definizione del diritto di voto e la Costituzione stessa determina, il modo dell' esercizio di questo diritto. questa definizione del diritto di voto , e la determinazione del modo dell' esercizio di questo diritto non sono cosa a sé, atto di contingenza politica, ma conseguenza diretta del modo come è definito, nella Costituzione repubblicana, l' ordinamento costituzionale dello Stato. ecco, quindi, il profilo esatto della mia eccezione di incostituzionalità. qui è violato l' articolo 56, che prevede il modo come viene eletta la Camera dei Deputati ed è violato in particolare in relazione all' articolo 43, che sancisce l' eguaglianza del voto dei cittadini. dall' esame di questi articoli e della violazione dei principi che essi asseriscono risalgo agli articoli 1, 3 e 49 della Costituzione repubblicana, che rispettivamente definiscono e sanciscono la natura giuridica e politica del nostro Stato, l' eguaglianza politica dei cittadini, la funzione della Repubblica per attuare l' eguaglianza politica dei cittadini e infine la funzione di determinati organismi politici — i partiti — di cui la Costituzione stessa parla all' articolo 48. questo complesso di affermazioni costituzionali, naturalmente, assume una luce particolare quando lo esaminiamo tenendo presente il famoso ordine del giorno Giolitti, approvato il 28 dicembre 1947, non in sede di legge elettorale ma in sede costituzionale, dall' Assemblea costituente . esso suonava: « l' Assemblea costituente ritiene che l' elezione dei membri della Camera dei Deputati debba avvenire secondo il sistema proporzionale » . quest' ordine del giorno era conseguenza di quei principi; per questo esso venne approvato, e il mancato inserimento del principio nella norma costituzionale fu dovuto al fatto che in quel momento ancora — diciamolo apertamente — si patteggiava fra le differenti ali dell' Assemblea costituente circa il modo di elezione del Senato, per il quale pure, però, alla fine prevalse un sistema di proporzionalità. quale è dunque il carattere dell' ordinamento costituzionale italiano quale è sancito dalla Costituzione repubblicana? non vi è dubbio che esso è prima di tutto un ordinamento costituzionale, il che vuol dire che la norma costituzionale sta al di sopra tanto del potere esecutivo quanto del potere legislativo . comprendo che questo disturbi l' onorevole Scelba, ma ormai non hanno più posto nella storia i Rugantini che si imbrancano tra i sovrani. il ministro dell'Interno è soggetto a tutte le norme, dalla prima all' ultima, della Costituzione. altrimenti l' ordinamento dello Stato non è più costituzionale. inoltre, la Costituzione sancisce che l' Italia è una Repubblica democratica, e dal concetto che fa risiedere nel popolo la sovranità, deriva il carattere rappresentativo di tutto il nostro ordinamento, al centro del quale stanno le grandi assemblee legislative, la Camera e il Senato della Repubblica , a cui tutti i poteri sono coordinati e da cui tutti i poteri derivano. ma vi è di più. questo ordinamento costituzionale democratico e rappresentativo ha una natura particolare, che nessuno può negare, perché la Costituzione non soltanto dice che l' Italia è una Repubblica democratica ma che essa è una Repubblica fondata sul lavoro. e di qui derivano molte cose. di qui derivano tutti i diritti economici e sociali, deriva la previsione di quelle riforme delle strutture economiche, che volemmo fosse nella Costituzione come indicazione di una strada per l' avvenire, e a proposito della quale un dibattito elegante ebbi allora con l' onorevole Calamandrei, e risolvemmo la cosa accontentandoci di metterci d' accordo su una citazione di Dante. le riforme economiche, però, sono rimaste nella Costituzione e ne sono parte essenziale. da questa definizione particolare del nostro ordinamento democratico non possono non derivare, però, particolari conseguenze per quanto si riferisce e al diritto politico e ai rapporti fra lo Stato e i cittadini. quando si asserisce che la Repubblica è fondata sul lavoro, quando si dice che i cittadini hanno eguaglianza di diritti, pari dignità sociale, e quando si aggiunge che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono l' effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all' organizzazione politica dello Stato, non si può non riconoscere che il fatto che noi abbiamo definito la Repubblica italiana come Repubblica fondata sul lavoro ha particolari conseguenze per il diritto politico , per la definizione esatta, cioè, dell' ordinamento costituzionale dello Stato. infine, vi è una organizzazione storicamente determinata, quella dei partiti politici , che la Costituzione stessa richiama in quel suo articolo 49 dove dice che i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico (cioè in eguaglianza) a determinare la politica nazionale. del resto è il nostro ordinamento costituzionale, questo e non altro. è evidente che in siffatto ordinamento l' elemento che si può considerare prevalente e che certamente è essenziale è la rappresentatività. è un elemento essenziale per ciò che si riferisce ai rapporti tra i cittadini e le assemblee supreme dello Stato. ma che vuol dire che un ordinamento costituzionale sia rappresentativo? i dibattiti dottrinali sul contenuto giuridico di questo concetto — e i colleghi che hanno frequentato le università giuridiche come studenti o che tuttora le frequentano come professori lo sanno meglio di me — sono stati infiniti. li lascio in disparte, perché ritengo giusta la opinione che, se questi dibattiti davano scarso aiuto per il progresso delle dottrine politiche , ciò derivava dal fatto che in essi si confondevano rapporti di diritto privato con rapporti di diritto pubblico . non si possono confondere i rapporti di rappresentanza e di mandato, quali sono definiti dal codice e dalle leggi civili con il mandato e la rappresentanza politici. si tratta di cose diverse. il più noto e grande dei nostri costituzionalisti moderni, dopo aver dibattuto a lungo questo problema giunge, alla conclusione, che mi sembra la sola esatta, che nel diritto pubblico non si arriva a capire le cose se non si tiene continuamente presente la storicità dei fatti e del diritto stesso. lo so che una, volta fui aspramente rimbrottato da quella parte perché la nostra visione del mondo sarebbe storicistica. mi rincresce che il collega che allora mi rivolse questo rimprovero non sia presente e gli faccio auguri di prontamente ristabilire la propria salute. vorrei replicare, ad ogni modo, che è vero, sì, che la nostra visione del mondo è storicistica, ma che non bisogna mai dimenticare che cosa ciò vuol dire. e che cosa è la storia. la storia è l' umanità nel proprio sviluppo. la storia è l' uomo, quale si afferma e realizza nelle sue relazioni e con la natura e con la società. il principio della storicità come criterio supremo cui dobbiamo ispirarci per riuscire a districare la sostanza delle cose nei dibattiti di diritto pubblico fu affermato, ho detto, dal più grande dei nostri costituzionalisti moderni, Vittorio Emanuele Orlando . ho pronunciato il nome, e scusatemi, i ricordi si affollano alla mente. testé lo abbiamo celebrato con unanime reverenza; lo abbiamo accompagnato uniti alla dimora estrema. ma, forse la commozione che in questo momento mi prende, non solo da questa deriva, bensì anche dalla strana impressione che ebbi all' avvicinare quest' uomo, uno del processo di unità della nostra patria, io, l' ultimo venuto sulla scena della nostra politica. per quanto mi sapessi così lontano da lui sia per la età, che per tanti fatti della esistenza e per le posizioni sostenute e combattute, quando ebbi l' occasione di conoscerlo personalmente (e fu ancora prima che si riunisse l' Assemblea costituente ), sentii invece, e per merito suo, certo, una vicinanza e persino una istintiva attrazione e non solo per la cordialità e affettuosità del suo dire, ma pel contenuto stesso del suo ragionare. una fiamma animava il suo pensiero e brillava negli occhi suoi. soprattutto quando parlava della patria, della indipendenza e delle sorti dello Stato l' impressione precisa era che questa luce viva fosse il riflesso della lampada che questi fondatori del nostro Stato avevano tenuto in mano e portato in avanti: la lampada della libertà, della democrazia, del progresso. questo ci avvicinava a Vittorio Emanuele Orlando ed io mi auguro che in tutto il paese, ma particolarmente in quei gruppi sociali che seguono il mio partito e quelli con esso alleati, mai venga meno la decisione di raccogliere e tener alta questa lampada che quei grandi hanno lasciato ma che non è caduta dalle loro mani e non si è spenta. noi l' abbiamo raccolta. noi sapremo portarla avanti, continuare sino all' ultimo la lotta per la libertà, la democrazia, il progresso della società umana. « il diritto elettorale — asseriva dunque Vittorio Emanuele Orlando — ha una ragione di essere essenzialmente storica; si connette necessariamente, quindi, con lo sviluppo armonico delle istituzioni politiche di un dato popolo, con la forza rappresentativa di cui è il presupposto » . se guardiamo, allora, alla storia, incontriamo all' inizio e partiamo da una visione della rappresentanza come istituto di diritto privato, nel senso che essa riguarda la tutela, attraverso un delegato o mandatario, di determinati interessi di gruppi precostituiti. di qui la composizione bizzarra; ma in quel momento storicamente giustificata, data l' organizzazione di quella società, dei parlamenti medioevali. qualcosa di questa composizione rimane anche in alcuni ordinamenti che pretendono di presentarsi come costituzionali e rappresentativi, ma non lo sono. alludo alle assemblee rappresentative elette secondo il principio della curia, applicando il quale si ha in partenza una schiacciante maggioranza di « deputati » delle classi possidenti e una minima rappresentanza di operai, di contadini, di lavoratori. ho voluto ricordare questa bizzarra forma di degenerazione di una istituzione che dovrebbe essere rappresentativa perché è quella che maggiormente assomiglia al sistema che viene proposto qui dall' onorevole Scelba. non vi è dubbio, infatti, che la visione che traspare dalla legge in discussione ci prospetta un Parlamento diviso in curie, non più secondo un criterio economico o sociale, ma secondo un criterio politico. precede alla elezione del Parlamento un' azione del governo per riuscire, partendo dai dati delle precedenti consultazioni, a raccogliere determinate forze politiche a proprio appoggio. a questo gruppo è quindi già assegnato, prima che si sia proceduto alle elezioni, un numero fisso di mandati, e un numero fisso e ridotto di mandati è assegnato, in modo precostituito, agli oppositori del Governo. a questo ci vorrebbe riportare l' onorevole Scelba: al parlamento eletto per curie. ed è peggio, direi, il parlamento per curie ordinate secondo un criterio politico che non secondo un criterio economico, perché scompare qualsiasi base oggettiva della differenziazione. unica base rimane la volontà sovrana del potere esecutivo . tutti, però, finora sono stati d' accordo che un sistema siffatto di scelta degli organi rappresentativi non ha nulla a che fare, non dico con la democrazia, ma neanche con il liberalismo. i parlamenti liberali, quando sorgono, affermano il principio della rappresentanza politica , il quale « si fonda — e ancora Vittorio Emanuele Orlando che parla — sull' ipotesi che i bisogni e i sentimenti politici dei cittadini abbiano una maniera diretta, esterna di manifestarsi » . queste manifestazioni vengono raccolte; da esse esce la rappresentanza di tutto il paese. ed ecco subito un altro concetto non facile a districare: quello che definisce la natura nostra, di deputati in quanto rappresentanti. noi siamo, sì, rappresentanti dei nostri elettori. nessuno lo può negare: essi si rivolgono a noi, ci inviano lettere, ci sottopongono quesiti; ad essi parliamo, con essi esiste un legame particolare. ciascuno di noi però — e la Costituzione stessa lo afferma — rappresenta tutto il paese. nel dibattito attorno a questo concetto l' estensore della relazione a questo disegno di legge fa naufragio. mi rincresce doverglielo dire e sottolineare fa naufragio. la realtà è che nello sviluppo della scienza del diritto pubblico il fascismo ci ha spinto molto all' indietro. quando noi oggi andiamo a rivedere i testi di trattati di diritto costituzionale che andarono per la maggiore durante il fascismo, siamo costretti a inorridire. ci troviamo di fronte a tale mostruosa contorsione di concetti, a tali bizzarri travestimenti di idee un tempo chiare, per, cui comprendiamo come oggi chi allora appartenne a quella schiera non possa comprendere nulla. quanto male, onorevole Tesauro, ci ha fatto il fascismo! perché, veda, v' è stato chi al fascismo — e fu il re — sottomise la nazione, sacrificandogli la Carta Costituzionale . vi è stato un onorevole De Gasperi che al fascismo sacrificò il proprio partito, mandandolo disperso. vi è stato chi ha sacrificato al fascismo interessi vitali del popolo, e così via . e vi è anche stato chi al fascismo ha sottomesso e gli ha sacrificato il pensiero, la scienza. tutti, dunque, hanno peccato, in quanto sottomisero al fascismo ciò che era degno di vivere per sé, che aveva un valore, che doveva essere difeso fino all' ultimo; ma chi ha sottomesso al fascismo il pensiero, la scienza, ha commesso il peccato più grave. lei ha peccato contro lo spirito, onorevole Tesauro, e questo peccato non è remissibile; lei lo sa! la difficoltà da cui ella non è riuscito a districarsi è di comprendere come mai il deputato, eletto da un gruppo di cittadini, sia rappresentante di tutto il paese. sono nato a Genova, mi hanno eletto a Roma: rappresento tutta l' Italia. come mai? perché? questo non si comprende, se non si guarda a tutto lo sviluppo del sistema. la cosa, dice sempre Vittorio Emanuele Orlando , cioè la rappresentanza come tale, è una nozione che non presenta difficoltà se si riconduce a un « fatto esterno e visivo » . qui affiora, attraverso questa ardita semplificazione, il concetto giusto, che è in pari tempo, vedremo subito, il concetto nuovo della rappresentanza politica e, quindi, dell' ordinamento costituzionale rappresentativo. curioso! questo concetto nuovo venne formulato la prima volta più di 150 anni fa, all' assemblea nazionale francese, nel 1789, dal conte di Mirabeau. « le assemblee rappresentative — diceva — possono essere paragonate a carte geografiche che debbano riprodurre tutti gli ambienti del paese con le loro proporzioni, senza che gli elementi più considerevoli facciano scomparire i minori » . ecco il concetto nuovo, per cui la rappresentanza viene ridotta quasi a un elemento visivo, e quindi immediatamente compresa nel suo valore sostanziale. a questo concetto si riferiscono i grandi pubblicisti il cui pensiero, successivamente, contribuisce a far progredire tutto il sistema delle istituzioni liberali e democratiche. ecco Cavour, per il quale « il grande problema che una legge elettorale deve risolvere si è di costituire un' assemblea che rappresenti, quanto più esattamente e sinceramente sia possibile, gli interessi veri, le opinioni e i sentimenti legittimi della nazione » . potrei abbondare nelle citazioni. desidero sottolineare che esse vengono anche da uomini che non furono di parte democratica avanzata o di parte liberale del tutto conseguente. ecco il barone Sidney Sonnino, per esempio. « l' assemblea elettiva — egli dice — dovrebbe stare alla intiera cittadinanza nella stessa relazione di una carta geografica al paese che raffigura. come le carte si fanno in proporzione di 1 a 20 mila o di 1 a 50 mila, così la Camera dovrebbe potersi dire il ritratto fotografico della nazione, dei suoi interessi, delle sue opinioni e dei suoi sentimenti, nella proporzione del numero dei deputati al numero dei cittadini » . così si arriva alla visione, imita fin dall' inizio nella concezione degli istituti rappresentativi, ma elaborata pienamente con una certa lentezza, del Parlamento come specchio della nazione. fu un costituzionalista inglese, il Lorrimer, che per primo formulò questa idea nel titolo stesso di un suo trattato famoso che parla « del costituzionalismo del futuro o del Parlamento come specchio della nazione » . un filosofo inglese, Stuart Mill , sviluppando lo stesso concetto, nel suo scritto assai noto: « considerazioni sul Governo rappresentativo » , asseriva, con piena coscienza, che, arrivati a questo concetto, arrivati cioè a stabilire questa proporzionalità fra la rappresentanza e il paese, si giunge a dare « al Governo rappresentativo un lineamento che corrisponde al suo periodo di maturità e di trionfo » . Ruggero Bonghi, da noi, in un articolo su Nuova Antologia del 1889, incalzava affermando che, se si riesce a ottenere che una nazione si specchi « tutta com' è e quanta è nel suo Parlamento » , allora « il Governo rappresentativo sarà assicurato in perpetuo » . dal parlamento liberale, dove ancora poteva prevalere il vecchio principio del diritto pubblico romano, valido per le decisioni ma non per la rappresentanza, che volontà della maggioranza è volontà di tutti, si giunge così, non per ciò che si riferisce al diritto di decisione, che sempre è della maggioranza, ma per ciò che si riferisce alle basi dell' istituto rappresentativo, ad asserire un grande principio nuovo. e veramente qui si apre un nuovo periodo storico: dall' epoca liberale passiamo all' epoca democratica; dai parlamenti liberali passiamo ai parlamenti e agli ordinamenti democratici. la natura di questo passaggio è chiara, sia nella scienza che nello sviluppo storico. occorre dire che i costituzionalisti non erano partiti, nella loro indagine, dalla ricerca di un principio nuovo. erano partiti, piuttosto, da una ricerca di equità. il Guizot, che esprime questa ricerca di equità nel modo più chiaro, lo asserisce: « se la maggioranza è spostata per artificio, vi è menzogna; se la minoranza è preliminarmente fuori combattimento, vi è oppressione. nell' un caso e nell' altro, il Governo rappresentativo è corrotto » . partiti dalla ricerca dell' equità non si poteva però non arrivare alla elaborazione di tutta una nuova concezione politica. lo sviluppo storico seguiva, d' altra parte, lo sviluppo del pensiero, che lo accompagnava e rischiarava. è uno sviluppo storico che comprende tutto il secolo XIX e nel quale gli anni decisivi furono il 1848 e il 1871. il 1848 è l' anno in cui appare sulla scena per la prima volta in modo autonomo una nuova classe, la classe operaia , che rivendica non soltanto una rappresentanza e quindi una parte del potere, ma collega questa rivendicazione al proprio programma di trasformazione sociale. nel 1871 la classe operaia va assai più in là della rivendicazione di una parte del potere per se stessa : essa afferma la propria capacità di costruire un nuovo Stato. questi grandi fatti storici si impongono all' attenzione di tutti. agli uomini politici di più chiaro spirito liberale e democratico essi indicano la necessità. di fare quel passo che separa i parlamenti liberali dai parlamenti democratici rappresentativi, di non accontentarsi cioè di dire che la maggioranza rappresenta l' opinione generale, anche quella della minoranza, ma di costruire un organismo nel quale si rispecchi la nazione, sperando e augurando che questo consenta uno sviluppo progressivo senza scosse rivoluzionarie. la rivoluzione operaia del giugno 1848 è soffocata nel sangue. sull' atto di nascita del regime borghese, installatosi in Francia dopo il secondo crollo napoleonico, sta la macchia di sangue delle fucilate con le quali venne fatta strage degli eroici combattenti della Comune. è una macchia indelebile. si spegne la eco delle fucilate, ma resta odor di polvere nell' aria! il movimento operaio si afferma, va avanti. il problema è posto, bisogna progredire; bisogna tener conto delle forze nuove che si affermano. per questo vi è chi comprende che ormai è necessario forgiare l' ordinamento dello Stato in modo che consenta questo progresso e lasci che queste forze nello Stato stesso si possano affermare. per questo il sistema di rappresentanza proporzionale delle minoranze nel Parlamento, che è l' approdo tecnico del movimento, può veramente essere definito il punto più alto che sino ad ora è stato toccato dalla evoluzione dell' ordinamento rappresentativo in una società divisa in classi. così lo hanno sentito tutti i nostri politici, e non solo quelli che già ho citato. Filippo Turati, quando propose, nel 1919, di passare alla rappresentanza proporzionale , asseriva per questo che la sua proposta aveva un valore storico. Sidney Sonnino si richiamava apertamente, nel proporre e difendere la proporzionale, al fatto storico della Comune. si trattava di dare una impronta definitiva di democraticità, di rappresentatività e di giustizia all' ordinamento costituzionale dello Stato, nel momento in cui il Movimento Sociale non può più essere soppresso con la forza. naturalmente, il modo in cui si realizza il principio non è uniforme; e anche qui lascio cadere, perché non ha valore se non di polemica di quart' ordine, l' obiezione di coloro che dicono che anche con la legge del 1948 la proporzionalità della rappresentanza non era esatta. lo so. non è stato trovato ancora un modo di avere la perfetta proporzionalità della rappresentanza. rimane sempre un certo scarto fra la realtà del paese e la rappresentanza nella Camera, a seconda che si adotti un sistema di conteggio dei voti e dei rappresentanti in rapporto ai voti oppure un altro sistema. ma questo non ha niente a che fare con l' abbandono del principio. quello che interessa è il principio: il principio per cui noi siamo rappresentanti di tutto il paese nella misura in cui la Camera è specchio della nazione. dello specchio, veramente, si può dire che ogni parte, anche piccolissima, di esso è eguale al tutto, perché egualmente rispecchia il tutto che gli sta di fronte. qualora, il principio venga abbandonato, è distrutta la base dell' ordinamento dello Stato che la, nostra Costituzione afferma e sancisce. quali sono, ora, le conseguenze che debbono derivare da questa nozione dell' ordinamento costituzionale rappresentativo? prima conseguenza è l' eguaglianza del voto, che la nostra Costituzione solennemente stabilisce, e l' eguaglianza del voto non può ridursi al fatto che tutte le schede siano eguali, messe nell' urna con lo stesso gesto della mano. non si tratta di questo. l' eguaglianza deve essere nell' effetto che ha il voto per la composizione dell' Assemblea come specchio della nazione. se non vi è questa eguaglianza, cioè l' eguaglianza negli effetti, non vi è più sistema rappresentativo : vi è un' altra cosa, si ritorna addietro. di qui deriva, poi, la funzione politica del Parlamento. soltanto quando il Parlamento sia organizzato come specchio della nazione, in modo oggettivamente rappresentativo, esso può diventare e diventa quel centro di elaborazione della vita e dell' indirizzo politico della nazione che esclude o dovrebbe escludere le sopraffazioni, gli scontri violenti, gli urti sanguinosi, le rivoluzioni. anche in questa concezione del parlamentarismo vi è fra i politici una unanimità che va, da Turati ad Amendola, dai vecchi rappresentanti del Partito Popolare ai liberali più in vista del secolo scorso e del secolo attuale. secondo la legge attuale, la fisionomia del Parlamento diventa un' altra diventa quella che Giovanni Amendola — e mi riferisco a lui perché la sua formulazione è particolarmente evidente — prevedeva respingendo la legge Acerbo . « non esiste — diceva — una maggioranza precostituita . il paese è composto di tante forze, di tante unità morali quanti sono i partiti, i gruppi, le tendenze. ognuna di queste forze, ognuna di queste unità non può da sola avere la maggioranza. ma esiste la possibilità della costituzione di un edificio più complesso, nel quale le singole volontà, le singole idealità non entrino, non già per sovrapporsi meccanicamente e per determinare una coalizione morta, ma per essere un elemento necessario alla vita e all' unità del Governo, capace di manifestarsi in un' azione governativa » . ecco la visione delle funzioni dell' istituto parlamentare che corrisponde alla esatta concezione dell' Assemblea. rappresentativa e del modo come essa deve corrispondere alla struttura del paese. a questa lo stesso Giovanni Amendola contrappone la visione del parlamento Acerbo e del parlamento Scelba: « un' assemblea eterogenea composta di due parti, la cui origine sarebbe profondamente diversa, in quanto una parte, e cioè la maggioranza, verrebbe eletta con un suffragio che, se formalmente non si distingue dal suffragio con cui dovrebbe essere eletta l' altra parte, praticamente dipenderebbe in così larga misura dalla attività politica del Governo, eccetera, da trovarsi di fronte al paese in condizioni morali profondamente diverse, eccetera e proprio questa parte avrebbe nelle sue mani la totalità del potere parlamentare, mentre l' altra, la minoranza, non sarebbe in fondo che una grossa tribuna messa qui dentro l' Aula per assistere ai dibattiti e alle deliberazioni della parte principale » . ma io vorrei richiamarmi, oltre che ai principi che riguardano la eguaglianza del voto e la funzione del Parlamento, anche agli altri principi costituzionali cui ho fatto cenno. all' inizio del mio dire, quando ho tracciato l' iter della mia esposizione. nell' articolo 1 della Costituzione si dice che la Repubblica è fondata sul lavoro, e nell' articolo 3 si aggiunge che la Repubblica, per facilitare la uguaglianza politica dei cittadini, deve rimuovere gli ostacoli alla effettiva partecipazione di tutti i lavoratori alla organizzazione politica del paese. anche se nel fare questa affermazione esco un poco dai principi per mettermi a contatto con la realtà del momento presente, chi di voi può negare che i partiti che si oppongono a questa legge sono precisamente quei partiti che raccolgono, per lo meno, la maggior parte delle adesioni della classe operaia , che è la maggioranza della classe lavoratrice ? prendete qualsiasi grande fabbrica d' Italia. prendete l' Ansaldo di Genova, la FIAT di Torino o Lina grande o media fabbrica di Milano, di Napoli o del resto d' Italia e vedrete che la grande maggioranza degli operai di queste fabbriche o sono socialisti o sono comunisti. come partiti, noi siamo essenzialmente, per la nostra stessa natura, legati alle forze del lavoro , ed è proprio a danno dei nostri partiti — e voi lo dichiarate, del resto — che volete limitare il diritto di rappresentatività. lo dice l' onorevole Scelba nella sua relazione, attraverso ad insolenze e volgarità politiche che non rilevo perché intendo mantenermi in atmosfera assai più elevata. chiaro è che la sola cosa che risulta dalla sua relazione è che si tratta di limitare la possibilità di partecipazione all' organizzazione politica del paese dei lavoratori che seguono i nostri partiti. ma come una repubblica costruita secondo questo criterio e questa legge sarebbe ancora una Repubblica fondata sul lavoro? sarebbe ancora la Repubblica che si impegna a prendere le misure necessarie per rimuovere gli ostacoli alla disuguaglianza dei cittadini e per favorire l' effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all' organizzazione politica del paese? no, non lo sarebbe più. sarebbe un' altra cosa. sarebbe un regime dove all' affermazione delle forze del lavoro come forze partecipanti alla direzione politica del paese, dove all' effettiva partecipazione dei lavoratori alla direzione della vita politica nazionale si mette un ostacolo, e, oltre ai tanti che si cerca di mettere con i mezzi che sono a disposizione del potere esecutivo , persino un ostacolo sancito dal potere legislativo : una legge elettorale che fa distinzione nel modo come viene esercitato il voto e tra gli effetti del voto dell' uno e dell' altra categoria dei cittadini, e che diminuisce l' efficienza del voto dei partiti che sono seguiti nella loro maggioranza dai lavoratori. vi è poi un ultimo richiamo che pur occorre fare, all' articolo 48, che, lo ammetto, può dar luogo a dibattiti seri, ma che effettivamente contiene una affermazione nuova. la nostra Costituzione è una delle poche che hanno una simile affermazione, che cioè introducono nell' alto costituzionale il partito politico e gli attribuiscono determinati diritti in rapporto con determinati doveri. al partito politico è attribuito il diritto di partecipare a determinare la politica nazionale con metodo democratico. è evidente che il metodo democratico esclude l' anatema di Scelba contro un partito, qualunque esso sia, a meno che non sia il ricostituito partito fascista , di cui esplicitamente si parla in altro pulito della Costituzione, e che è la sola esplicita eccezione. tutti i partiti politici hanno dunque questo diritto, e hanno la facoltà di esercitarlo in modo eguale. essi debbono partecipare in modo, eguale a determinare la politica nazionale. quando però voi abbiate messo un gruppo di partiti nelle condizioni in cui li vorrebbe mettere la legge Scelba e in questo momento prescindo dalla qualificazione di questi partiti, siano essi di destra, di sinistra o di centro — partecipano essi ancora, con metodo democratico e con eguaglianza di diritti, alla determinazione della politica nazionale? no: una parte dovranno diventare partiti di propagandisti; potranno usare della tribuna parlamentare come mezzo di propaganda. ma il principio nuovo che tutti i partiti partecipino a determinare la politica nazionale scompare, è cancellato. la Costituzione è violata; la Costituzione è messa sotto i piedi. ci troviamo dunque di fronte a un progetto di legge il quale, mentre afferma di voler regolare l' esercizio del diritto elettorale, viola i principi di base della Costituzione repubblicana: il principio dell' eguaglianza del voto, nei suoi effetti, per la costituzione di una assemblea rappresentativa; il principio della rappresentatività delle assemblee legislative e quindi di tutto l' ordinamento costituzionale dello Stato; il principio dell' avvento dei lavoratori alla direzione politica dello Stato repubblicano, che deriva dagli articoli 1 e 3 della Costituzione; il principio che i partiti politici hanno il diritto, in regime di eguaglianza e con metodo democratico, di partecipare a determinare la politica nazionale. per ultimo, manca persino, in questa legge, il rapporto chiaro e semplice tra l' eletto e l' elettore, che è un altro dei principi su cui deve essere basato un ordinamento rappresentativo, perché senza di questo non è possibile che la rappresentanza sia compresa dal popolo: e un regime rappresentativo non compreso dal popolo, anche per questo solo motivo, cessa di essere tale. in conseguenza di tutto questo e assieme con tutto questo — e forse non se ne sarebbero accorti tutti, se non fosse intervenuto lo estensore della relazione di maggioranza a particolarmente e imprudentemente sottolinearlo — da questa legge si modificano i rapporti che passano tra la base dello Stato che è il popolo, nel quale risiede la sovranità, e il Governo attraverso le assemblee rappresentative. il carattere stesso del Governo qui viene cambiato. cosa è il Governo? è la espressione della maggioranza. chi designa il Governo, chi registra la maggioranza? il Parlamento. dove si forma la maggioranza? nel Parlamento. anche questa è una nozione elementare. soltanto in questo caso un ordinamento costituzionale è parlamentare. ricordatevi le discussioni che avemmo alla Costituente quando si trattò di scegliere tra un regime parlamentare e un regime non parlamentare. a grande maggioranza e senza esitazione scegliemmo un regime parlamentare , cioè, volemmo un ordinamento costituzionale nel quale la maggioranza e quindi il Governo e la designazione di esso uscissero dalle assemblee rappresentative, che debbono essere a loro volta lo specchio della nazione. con questa legge Scelba le cose cambiano, e cambiano radicalmente, come del resto cambiavano già con la legge Acerbo . anche qui, onorevole Tesauro, i fatti si corrispondono... attenda, e mi scusi se faccio qualche volta il suo nome. veda, quando tra i presenti a un' assemblea si muove uno spettro, è inevitabile che quello spettro attiri l' attenzione e ad esso ci si rivolga. onorevole Tesauro, ella qui è lo spettro del regime fascista... Giovanni Amendola , nel suo così profondo discorso sulla legge Acerbo , già aveva rilevato il punto cui in questo momento mi voglio riferire, e la cosa era evidente: « con la legge in discussione, diceva, noi impiantiamo nel campo elettorale il problema più squisitamente politico, cioè quello della costituzione della maggioranza. si richiede al paese direttamente di designare la maggioranza, di investirla della facoltà di governare. noi arriviamo, attraverso formule dissimulate, le quali tuttavia non possono nascondere la sostanza, al Governo plebiscitario » . l' estensore della relazione di maggioranza non poteva confermar questo, a proposito della legge Scelba, in modo più chiaro; e forse non si è nemmeno accorto di dire enormità quando è giunto a scrivere che « la singolarità del sistema proposto non sta, di conseguenza, nell' introdurre il principio del potere conferito alla maggioranza, principio già accolto dal nostro come da altri ordinamenti democratici, ma nel determinare che la maggioranza alla quale spetta il potere non è quella voluta dagli elettori al Parlamento, ma quella che al Parlamento è indicata dallo stesso corpo elettorale » . qui usciamo dall' ordinamento parlamentare, qui siamo in regime plebiscitario, qui si modifica e persino si confessa di modificare un altro dei lineamenti fondamentali del nostro ordinamento costituzionale. a questo punto mi si permetterà di inserire un' osservazione relativa al tema di fondo politico. l' argomento con il quale tutto si volle giustificare al tempo della legge Acerbo e tutto si cerca di giustificare anche ora è che sia necessario fare queste violazioni della Costituzione per creare una possibilità di buon funzionamento delle assemblee. è evidente che le assemblee debbono funzionare: chi lo nega? le assemblee non possono funzionare se non vi è una maggioranza, perché solo da una maggioranza sorge un Governo (anzi da una maggioranza sorge anche il potere supremo del presidente della Repubblica , per cui voi proponendo questa legge tendete a modificare anche la figura del presidente). ripeto, nessuno nega che vi debba essere una maggioranza e che si debba governare fondandosi sopra una maggioranza. però, come si risolve questo problema? in regime parlamentare questo problema si risolve nell' Assemblea parlamentare , attraverso la capacità politica di colui il quale governa. voi avete avuto nel 1948, il 18 aprile, la maggioranza per il Parlamento. la vostra maggioranza, anzi, è stata nel Parlamento leggermente superiore a quella che avevate nel paese. non ne facciamo questione, perché ciò derivava da imperfezioni che sono di tutti i sistemi elettorali rappresentativi. il nostro sistema elettorale non era però allora preordinato per costituire una maggioranza e per fare eleggere dal paese il Governo. comunque: avete avuto il Governo e avete governato. bene o male? è problema politico. oggi avete ancora quella maggioranza? se l' avete ancora, a che scopo una legge come questa, che sovverte l' ordinamento costituzionale dello Stato? prendetevi un' altra volta la maggioranza, se affermate di averla, e cercate di governare meglio di quanto non abbiate governato finora, mi auguro io, nell' interesse dei lavoratori italiani e di tutta l' Italia. se non avete più quella maggioranza, ciò nondimeno continuate a essere una forza notevole nel paese, come nessuno nega nel momento attuale. accettate di essere nell' Assemblea quello che siete nel paese in realtà. allora, quando il Parlamento sarà specchio reale di quello che è il paese, proprio allora dovrà manifestarsi la vostra capacità politica: si vedrà cioè se abbiate o non abbiate quel tanto di capacità e di onesta: per cui dovete tener conto dell' esistenza e della forza di determinate minoranze, tener conto che esse rappresentano un bisogno, un interesse, un programma, una spinta ideale non trascurabili e non sopprimibili. voi questo problema lo volete scartare. forse perché sia in voi la coscienza di non avere uomini atti a risolverlo? può darsi. non nego che sia nei vostri dirigenti questa coscienza. ma l' ordinamento costituzionale è quello che è. è rappresentativo, non plebiscitario. non potete spingerci addietro, a un regime plebiscitario, dal quale uscirebbe non più un ordinamento democratico, ma, per il primo istante, uscirebbe un ordinamento oligarchico. oligarchia infatti è quell' ordinamento nel quale è precostituito il gruppo che deve governare; e voi l' avete precostituito, servendovi dei mezzi a disposizione del potere esecutivo , che non voglio qui né definire né qualificare. evidente che, per tutti questi motivi, la Costituzione repubblicana, entrata in vigore il 10 gennaio 1948, dopo la solenne approvazione da parte dell' Assemblea costituente , è violata a fondo dei suoi principi essenziali dalla legge elettorale , che qui viene proposta. la questione è grave, seria; è la più grave delle questioni che si possano porre in una assemblea, rappresentativa e davanti a un paese a reggimento democratico. la più grave. la nostra Costituzione non è uscita soltanto dalla niente dei costituenti. i costituenti dettero il loro contributo di dottrina per le necessarie ricerche e formulazioni. quando essi però incominciarono qui a discutere il carattere dell' ordinamento dello Stato che essi dovevano sancire nella Costituzione, questo già era determinato, perché era stato determinato dalla storia, dal movimento della Resistenza, dalla lotta attraverso la quale venne travolto e schiacciato il regime della tirannide fascista e riuscì ancora una volta a trionfare la volontà di libertà e progresso della grande maggioranza del popolo. voi non potete prescindere da questa considerazione. potete alimentare contro di noi l' odio; potete incaricare qualche padre gesuita di gettare fango su qualcuno di noi. io stesso pare, secondo questo gesuita, sarei già stato condannato a decine di anni di reclusione per non so quali delitti di ordine comune. se lo ha detto un gesuita, però, la gente capirà di che cosa si tratta. certe parole hanno ormai un senso, nel vocabolario della gente comune. lo ha, senza dubbio, e lo ha da più di un secolo, la parola « gesuita » . voi potete fare queste cose, ma ricordatevi che facendole vi ergete contro la storia stessa del nostro paese, che voi invano cercate di cancellare. non ci riuscirete mai, e per il fatto stesso che non ci riuscite nasce questo vostro imbarazzo, per cui non siete nemmeno capaci di impostare in una commissione un dibattito ordinato, per cui siete ridotti a provocare l' incidente che dovrebbe permettervi di far entrare nell' Aula la forza pubblica a portar via i rappresentanti dell' opposizione. non riuscirete a cancellare pagine decisive della nostra storia. tutti gli italiani di buona coscienza hanno dato qualcosa per aprire questa nuova epoca della vita del nostro paese, che è segnata dalla promulgazione della Costituzione repubblicana. ricordatevi, però, che i partiti dei lavoratori il partito socialista e il partito comunista italiano — contro i quali voi oggi scatenate le vostre invettive, il vostro vilipendio continuo, sono quelli che hanno dato di più. i socialisti hanno dato Matteotti; noi abbiamo dato Antonio Gramsci, abbiamo dato tutti i migliori nostri combattenti, abbiamo dato la nostra esistenza, tutta la loro esistenza hanno dato decine di migliaia di lavoratori raccolti dietro le nostre bandiere. non dimenticatevi di questo e, soprattutto, non crediate che noi possiamo dimenticare quale forza rappresenta nella nazione italiana quel capitale che noi abbiamo accumulato, questa gloria che aleggia sulle nostre bandiere. molto si polemizzò quando qui sedeva l' Assemblea costituente , circa i compromessi e gli accordi che avrebbero avuto luogo fra i diversi partiti. mi occupai a lungo, allora, di quella questione. accordi senza dubbio vi furono; ma essenzialmente vi fu qualcosa di ben più nobile: vi fu un patto, fra coloro che rappresentavano in prevalenza le vecchie classi dirigenti : uscite stordite dalla catastrofe del fascismo, e le classi lavoratrici che ne uscivano affaticate, ma piene ancora di slancio, animate dalla volontà di avanzare verso un nuovo ordinamento politico e sociale. vi fu un patto. questo patto è stato giurato: è stato giurato da tutti noi, è stato giurato dai ministri, è stato giurato dal presidente della nostra Repubblica. il giorno che voi avrete violato questo patto. veramente sarà sulle vostre bandiere l' obbrobrio di un giuramento tradito. non si può considerare alla leggera o liquidare con un sogghigno questo problema, che è il problema fondamentale che sta a base di tutta la nostra vita nazionale. vi è chi l' ha veduto e lo ha detto apertamente: un uomo di parte liberale, il senatore a vita Pasquale Jannaccone, in un suo bel noto articolo del mese di agosto di quest' anno. « va ricordato — egli scrive — che ogni costituzione ha la natura di un patto. perfino quelle largite dai monarchi ai sudditi ebbero sempre nella coscienza pubblica, se non nello stretto diritto, un alone contrattuale, tanto da far considerare fedifraghi i sovrani che le avessero ritirate o violate. sarebbe superfluo insistere sulla natura contrattuale delle recenti Costituzioni democratiche, quale è la nostra » . lo stesso senatore Jannaccone, pochi giorni fa, insisteva, e, dopo aver qualificato questa legge elettorale come un tentativo di sopprimere o ridurre all' impotenza. l' opposizione, concludeva: « non fa meraviglia allora che alle violenze morali di una parte l' altra parte reagisca con altre violenze morali, come l' ostruzionismo parlamentare e gli scioperi politici , di guisa che il tranquillo governare che si cercava è continuamente compromesso dalle reciproche colpe » . gli uomini che hanno ancora la capacità, mettendosi al di sopra delle ire di parte e di Governo, di comprendere i fatti fondamentali della nostra vita politica e della nostra storia, capiscono come stanno le cose. non meravigliatevi se vi ricordiamo che la stessa questione venne posta nel 1923, quando si discusse la legge Acerbo . mi riferisco ancora a Giovanni Amendola , il quale proclamava: « noi, facendo questo, avremmo soppresso quell' ambiente il quale permetteva a tutte le scosse e a tutte le convulsioni, che per avventura potessero verificarsi nel paese, di passare attraverso il vaglio di varie esperienze politiche, per risolversi soltanto attraverso la maturazione e la riflessione dei fatti politici che pesassero definitivamente sulle sorti dello Stato » . già allora vi fu chi vide e previde come sarebbero andate le cose. perché dunque voi fate questo? ditelo chiaramente: quale altra parte della Costituzione, oltre a quella che è toccata direttamente da questa legge, volete ancora mettere sotto i piedi? o non è forse un' altra tragica questione che si affaccia quando pensiamo alla vostra condotta di oggi e all' avvenire? perché volete ad ogni costo un' Assemblea che dovrebbe approvare tutto quello che proponga il Governo in cui non vi sarebbe più quell' ambiente di maturazione e di riflessione che è necessario alla elaborazione di una giusta politica nazionale? volete passare a un regime di oligarchia, l' ho già dimostrato. ma perché? quale altra questione si nasconde dietro la vostra condotta di oggi? si tratta della guerra e della pace, dunque? la Costituzione repubblicana dice che della guerra e della pace decide il Parlamento, ed è bene che gli italiani sappiano che, eleggendo un Parlamento predisposto, attraverso questa legge, ad approvare qualsiasi cosa faccia l' attuale Governo, la nazione sarà privata della possibilità di ricorrere, all' ultimo istante, quando si tratterà della vita o della morte dell' Italia, a questo supremo giudizio di una assemblea che sia lo specchio dell' opinione nazionale. rendetevi conto della gravità di quello che state facendo. la nostra posizione è chiara. noi chiediamo che la Costituzione repubblicana non venga né modificata né violata. particolarmente insorgiamo contro attraverso l' espediente di una legge elettorale . la Costituzione repubblicana attuale, alla quale siamo fedeli, che fedelmente rispettiamo, corrisponde al periodo che noi attraversiamo, è il portato della grande ondata di popolo e di volontà democratica che ha spinto il fascismo, è il portato, dall' altra parte, della volontà dei partiti che stanno a capo degli elementi più avanzati del popolo di evitare oltre catastrofi all' Italia nel momento in cui sappiamo che contro il progresso sociale , e persino contro misure legislative aderenti alla nostra Costituzione le quali modificassero la struttura economica del paese, vi è chi minaccia l' intervento armato di una potenza straniera. in questi termini oggi si discute della possibilità o meno di una avanzata dei lavoratori verso la realizzazione dei loro ideali! noi accettiamo e vogliamo che la Costituzione repubblicana rimanga la base del nostro ordinamento politico, perché questo esclude il peggio, apre anzi la strada ad un progresso economico, civile, sociale che essa stessa prevede e che può avvenire attraverso il dibattito e l' evoluzione dello stesso sistema rappresentativo . questo noi vogliamo. d' altra parte comprendiamo che ciò che voi state facendo, oltre al contenuto politico così grave che ho indicato, ha anche — e scusate se sembrerà che quello che dico ora sia piccolo in confronto di quello che dicevo prima, ma piccolo non è un profondo valore pedagogico. voi state dando la miglior dimostrazione che noi ci potevamo augurare venisse data dalle classi dirigenti conservatrici e reazionarie italiane del valore che hanno per queste classi i principi liberali e democratici. ci state dando la dimostrazione di quanto siano sacrosantamente giuste le affermazioni che fece Lenin quando scrisse lo Stato è in rivoluzione, quando scrisse la rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky, quando a coloro che proclamavano in assoluto il valore degli istituti democratici borghesi diceva di guardare però sempre alla realtà delle cose, perché i gruppi dirigenti borghesi sono pronti a buttare a mare tutti questi istituti e i principi su cui si fondano quando sia in giuoco la sostanza dell' ordinamento economico che sancisce il loro privilegio. voi ci state dando una grande lezione e la state dando a tutto il popolo italiano ; direi che la state dando a tutta l' Europa. quando le cose si mettono così, il diritto cambia la sua natura, ed è inevitabile intervengano altri fattori. scusatemi di riferirmi ancora una volta a un democratico, a Giovanni Amendola , il quale nel trarre la conclusione, credo un anno prima della sua fine dolorosa, da tutto quello che era avvenuto dall' approvazione della legge Acerbo in poi, e mentre compiva un ultimo tentativo per riuscire a organizzare una formazione che difendesse sino all' ultimo la bandiera democratica nel nostro paese, poneva di fronte all' opinione pubblica la questione dei successivi sviluppi, confrontando quello che stava avvenendo in Italia con quello che era avvenuto in Russia dove era stata instaurata la Repubblica dei Soviet . la sua conclusione era che, quando si distrugge l' ordinamento costituzionale dello Stato, la rivoluzione sociale che, esistendo un ordinamento democratico, vale solo come forza, quando l' ordinamento costituzionale e democratico sia distrutto, vale anche come diritto. questa, onorevoli colleghi , è la nostra posizione, né occorre che io insista su ciò che avevo detto incominciando: comprendiamo quello che sta attualmente avvenendo, e la nostra volontà è tranquilla, sicura di sé. sappiamo perché voi volete assestare questo primo colpo mortale alla Costituzione repubblicana e di che cosa esso è preludio. la Costituzione repubblicana è la legalità del nostro Stato. la legalità oggi vi imbarazza, la legalità vi uccide, di fronte alla pressione reazionaria dei ceti borghesi che vogliono difendere con tutti i mezzi i loro privilegi, di fronte all' intervento dello straniero che ci vuole trascinare in una guerra contraria alla volontà del popolo italiano e agli interessi della nazione. è per questo che voi volete colpire la Costituzione. noi la difendiamo. con essa difendiamo la legalità, repubblicana, la democrazia e la pace. signor presidente , ho esposto una serie di argomenti giuridici e non so se sono stato convincente, se la maggioranza li accoglierà o li respingerà. terminando, vorrei però uscire per un istante da questo terreno e ricordare che la Costituzione non è soltanto la formulazione di una somma di diritti, non soltanto essa è un documento giuridico e storico, un atto della società nazionale. la Costituzione è anche un momento della coscienza degli uomini, un atto della loro fede, della loro speranza. a questa Costituzione repubblicana, con tutto il suo contenuto politico, economico e sociale , è legata la speranza di una parte sempre più grande del nostro popolo, dei lavoratori, la speranza di poter vivere meglio, di non essere più dei derelitti, di non essere più dei proletari, di non essere più degli sfruttati, di poter allontanare dalla sommità, dello Stato il privilegio, la prepotenza e la corruzione, di poter avanzare verso questo obiettivo in una atmosfera di tranquillità e di pace, anche se di affermazione precisa dei propri diritti, interessi e ideali; la speranza, onorevoli colleghi , che possa essere evitato al popolo un altro oscuro periodo di tirannide che getti i migliori nelle prigioni o li sopprima, la speranza che sia risparmiata all' Italia la tragedia di un altro conflitto armato in cui la nostra nazione possa venire gettata per volontà di uno straniero e degli oligarchi che lo servono. questa è la speranza che si riassume nella nostra Costituzione e che sta nel cuore di milioni e milioni di italiani. onorevoli colleghi , non annullate, non distruggete questa speranza! fareste il più grave danno alla nostra patria.