Pietro NENNI - Deputato Maggioranza
I Legislatura - Assemblea n. 1023 - seduta del 05-12-1952
Ratiflca ed esecuzione del Trattato del Nord Atlantico, firmato a Washington il 4 aprile 1950
1952 - Governo V De Gasperi - Legislatura n. 1 - Seduta n. 284
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

signor presidente , onorevoli colleghi , vi è una ipocrisia convenzionale alla quale non intendo affatto associarmi: essa consiste nel separare un atto dalle cause che l' hanno prodotto. ottenere il nostro consenso nel constatare quanto sia deplorevole che alla Camera dei Deputati le discussioni finiscano in una colluttazione è semplice e facile. ma limitarsi a deplorare un fatto e fingere di non vedere le cause che l' hanno determinato è — ripeto — una ipocrisia. non lo so. è delle cose, signor presidente . in verità la vivacità che a un certo momento si è determinata ieri nella discussione non è per nulla in rapporto con le parole da me pronunciate né con quelle pronunciate dall' onorevole Togliatti; è in rapporto con la volontà di sopraffazione manifestata dalla maggioranza, contro la quale, con la coscienza di compiere il mio dovere di deputato, ho protestato e rinnovo la mia ferma protesta. nulla succede che non abbia precise e determinate cause; e la causa di quanto è successo ieri è da ricercarsi nel sabotaggio democristiano delle trattative. dicevo, onorevoli colleghi , come quanto è successo ieri sera non possa essere dissociato dalle cause che l' hanno prodotto: le quali risalgono al fallimento dei tentativi di conciliazione dei diversi punti di vista circa il modo di organizzare il dibattito, ciò che ha posto noi nello stato di legittimo sospetto che si voglia calpestare il nostro diritto di dire tutto quello che pensiamo della legge elettorale , delle cause che l' hanno determinata, delle conseguenze che può avere. signor presidente , io ho trascorso alcuni anni del mio esilio raccogliendo in melanconiche passeggiate lungo le rive della Senna l' amaro rammarico di un uomo come Filippo Turati per l' indifferenza in cui si era urtato denunciando indizi e fatti che al loro inizio potevano non sembrare gravi, ma tali erano a chi li considerasse nel loro logico sviluppo. ora, a torto o a ragione — sarà il paese a decidere su questo punto — noi abbiamo intravisto seri pericoli nella legge presentata al Parlamento; e abbiamo chiesto, e chiediamo, di discuterla con l' ampiezza che essa comporta. il Governo avrebbe potuto chiedere l' urgenza, e non lo ha fatto: la maggioranza avrebbe potuto chiedere l' urgenza, e non lo ha fatto; e si poteva ritenere, con un poco di ottimismo, che l' uno e l' altra assecondassero, in tal guisa, il desiderio nostro di una discussione ampia e profonda. ci siamo trovati, inopinatamente, di fronte alla decisione del presidente della Camera di fissare ai lavori della Commissione un limite di tempo, fino al 3 dicembre, e per deferenza verso il presidente abbiamo accettato. abbiamo visto, nell' ultima settimana, la I Commissione obbligata a seppellire alla svelta la discussione generale e il suo presidente Marazza, e l' intero Comitato dei nove chiedere una proroga fino a sabato, accordata in un primo tempo dal presidente della Camera , appoggiata da noi, e non concessa dall' Assemblea per l' opposizione del gruppo democristiano (meglio: del direttivo del gruppo democristiano). la stessa votazione intervenuta ieri della proposta dell' onorevole Scalfaro veniva dopo, il rifiuto del direttivo democristiano di accettare l' onesto compromesso in base al quale la discussione della legge elettorale si doveva inscrivere all' ordine del giorno di martedì prossimo. come si può separare il nostro stato d'animo di irritazione, eccessivo magari nelle sue manifestazioni esterne, da codesti precedenti? come si può pretendere che un incidente della gravità di quello avvenuto ieri sera possa scaturire dalle parole, del resto misurate e controllate, da me o da altri pronunciate ieri, e delle quali non ho, per parte mia, da rammaricarmi se non per l' impressione che possono aver dato ch' io mettessi in causa il presidente della Camera laddove era nella mia intenzione di mettere in causa il direttivo del gruppo democristiano? ecco perché, signor presidente , non tanto personalmente quanto in rappresentanza dell' opposizione, io non posso accettare la ricapitolazione dei fatti quale risulta dalla sua dichiarazione e dalla omissione delle cause che hanno determinato la nostra protesta. signor presidente e onorevoli colleghi , ho udito sovente uomini che oggi sono al banco del Governo deplorare la scarsa reazione popolare agli arbitri fascisti, ho udito il compianto conte Sforza dire in esilio come ogni possibilità di atmosfera libera in Italia fosse venuta a cessare con il voto della legge elettorale del 1923 e proclamare con veemenza che tutti coloro che allora non reagirono con sufficiente vigore portino la responsabilità della lunga notte di tirannia che si abbatté sul paese. ebbene, noi non vogliamo che nei nostri confronti si possa domani dire la stessa cosa. quello che domandiamo è di lasciarci dire — a voi della maggioranza, anche se non abbiamo più l' illusione di convincervi, ed in ogni modo al paese — tutto quello che dobbiamo dire contro questa legge. se tenterete di non lasciarcelo dire, lo diremo lo stesso, perché non v' è niente che stia al di sopra del nostro dovere e della nostra coscienza.