Emma BONINO - Deputato Opposizione
XI Legislatura - Assemblea n. 80 - seduta del 28-10-1992
Ratifica ed esecuzione del Trattato sull'Unione europea con 17 Protocolli allegati e con atto finale che contiene 33 dichiarazioni, fatto a Maastricht il 7 febbraio
1992 - Governo I Amato - Legislatura n. 11 - Seduta n. 80
  • Attività legislativa

signor presidente , signor rappresentante del Governo, colleghi presumibilmente in ascolto attraverso Radio Radicale (ci si augura tutti) e ho l' impressione che dovremmo anche dire cari ascoltatori, voglio iniziare il mio intervento con un ringraziamento, non rituale, all' onorevole Rapagnà. spesso tra colleghi di gruppo ci si ringrazia usando espressioni del genere: « come ha giustamente detto il capogruppo... come ha meglio detto il vice capogruppo... » . normalmente si tratta di formule rituali. invece il mio ringraziamento vuole avere un altro significato. credo infatti che Pio Rapagnà abbia ricordato a tutti noi qualcosa che ritengo indispensabile: nessuna nuova politica senza speranze e ideali ha gambe sufficientemente lunghe. nel suo linguaggio, ha detto quello che lo stesso presidente del Consiglio ha sostenuto alcune settimane fa in televisione. il presidente Amato, parlando di se stesso , dice di non essere un grande comunicatore. tuttavia alcune sere fa ha usato un' espressione che ritengo esprimesse esattamente ciò che il collega Rapagnà ha detto in altri termini. pur trovandoci nel momento della tormenta monetaria, il presidente del Consiglio ha affermato: « anch' io come cittadino non mi sento e non mi sentirei molto tutelato né molto rappresentato semplicemente da una banca, anche se grande » . Pio Rapagnà ha detto la stessa cosa, cioè che se non riusciamo a concepire e quindi a rappresentare l' Europa ai nostri concittadini come elemento di speranza di pace e di sicurezza, come USA di Europa ovvero come qualcosa che sia in grado di sconfiggere i rinascenti demoni del nostro tempo (che sono il nazionalismo e il totalitarismo, in definitiva tutte le espressioni che vediamo rinascere in questi tempi con una forza e una violenza preoccupanti), ma presentiamo loro solo una banca, ancorché grande, le aliquote IVA o altri elementi, pur fondamentali, è certo che non indicheremo obiettivi mobilitanti, ma obiettivi per i quali nessuno sarebbe disposto a investire un briciolo di speranza o a sacrificare una parte del pur molto che ha. infatti, al di là dell' esame dei singoli problemi connessi al trattato di Maastricht , un aspetto colpisce: in nessun intervento neanche dei colleghi della maggioranza e nemmeno del relatore si è mancato di esprimere alcune riserve. coralmente cioè in quest' Aula, dall' opposizione e dalla maggioranza, si è ribadito che bisogna dare un' interpretazione evolutiva del trattato. tutti hanno sottolineato il deficit democratico e nessuno si è mostrato soddisfatto o contento. tutti in buona sostanza parlando del trattato hanno ribadito, ovviamente con sfumature diverse, che si tratta di un passo in avanti, ma non quello che Spinelli ci aveva prospettato; non quello che lo stesso Parlamento europeo con tenacia, nonostante tutto, continua a rimarcare. credo che tale aspetto sia presente a tutti noi. parlare di deficit democratico significa far mancare il coinvolgimento della gente nella costruzione di nuovi assetti politici in grado di affrontare i temi del nostro tempo, e non solo l' emergenza. non è affatto vero — continuo ad insistere su questo punto — che sia venuto meno (forse è un po' sopito) il senso di responsabilità solidale nei nostri concittadini. credo però che — e vengo al punto fondamentale — pur parlando di deficit democratico, tutti poi ritengano che esso possa essere colmato con riunioni di capi di Stato o di Governo e con decisioni intergovernative, senza il coinvolgimento dei parlamenti nazionali e in particolare senza l' attribuzione di poteri costituenti al Parlamento europeo . questo è un dato di schizofrenia assolutamente evidente nel trattato di Maastricht ; ed è per questo che noi continuiamo ad insistere, da federalisti, affinché la ratifica avvenga nel pieno dell' iniziativa politica anche da parte del governo italiano nel periodo che ci separa dall' incontro di Edimburgo. il collega Pannella nel suo brevissimo intervento ha avanzato una nuova proposta di iniziativa politica e di maggiore forza per il nostro Governo al tavolo di Edimburgo. vorrei chiarire ancora una volta che l' interlocutore della nostra questione sospensiva non era affatto il governo italiano , ma semmai erano gli altri partners europei, che dovevano scoprire le carte sul tipo di interpretazione che intendono dare al trattato di Maastricht . non voglio ritornare sul problema dell' interpretazione del principio della sussidiarietà; è a tutti noto, e, non a caso, Birmingham ha dato mandato ai ministri degli Esteri del Consiglio europeo (che si riunisce il 9 novembre prossimo) di fornire appunto un' interpretazione di tale principio, che certamente non può essere — almeno da parte di chi guarda veramente all' Europa — quello stabilito nel trattato e che significa di fatto esautoramento del Parlamento ed anche della commissione. in fondo, però, chiarire se l' elemento della trasparenza democratica sia solo accessorio o invece fondamentale alla costruzione dell' Europa è esattamente il nodo della questione. ecco il motivo per il quale continuiamo a proporre e ad insistere affinché l' odierno dibattito abbia una seconda fase alla vigilia del vertice di Edimburgo. in quella seconda fase il Parlamento, insieme con il Governo, dovrebbe stabilire quella dichiarazione solenne che l' Esecutivo stesso si è detto anche disponibile a depositare all' atto della ratifica. del resto, ci auguriamo tutti che da qui al 10 dicembre non vi sia alcun dato di passività, ma che si registri invece una piena iniziativa politica. tutto ciò per arrivare ad alcune chiarificazioni. sono molto preoccupata, ad esempio, per la decisione assunta unilateralmente dalla Gran Bretagna di non accettare la parte del trattato relativa alla politica sociale , anche perché questo comporta tutta una serie di problemi. mi chiedo, infatti, che cosa accadrebbe se, per esempio, i parlamentari inglesi del Parlamento europeo (conservatori o laburisti che siano) potessero partecipare all' elaborazione di nuove direttive in materia sociale, con il diritto dovere di iniziativa, di emendamento e di proposta, dal momento che il Regno Unito si è chiamato fuori dall' argomento, dicendo che non lo riguarda. quali problemi si pongono di fronte a questo piccolissimo dettaglio, che se diventa precedente assume un' enorme rilevanza? uno dei dodici paesi dichiara in modo unilaterale di non voler partecipare in un determinato settore: e allora, quali sono le prerogative, le possibilità e le responsabilità dei deputati europei di quel paese? e che cosa accadrebbe se questo piccolo dettaglio diventasse un precedente, per il quale di volta in volta ciascuno dei dodici stati membri dichiarasse in termini unilaterali che non aderisce ad una certa parte della politica comune? e ancora — altro dettaglio non irrilevante — la situazione del cittadino inglese lavoratore in Italia la conosciamo tutti; ma quale sarebbe la situazione del cittadino italiano che lavora in Inghilterra? quale politica sociale gli verrebbe applicata? sono tutti problemi che oggi possono sembrare marginali, ma che se non dovessero essere visti come dato di transizione o se diventassero una prassi creerebbero degli ostacoli rilevantissimi. in questo senso, mi permetto di insistere affinché sia prevista una seconda sessione — chiamiamola così — di questo dibattito in Parlamento alla vigilia del vertice di Edimburgo. e le assicuro, signor presidente , che non vogliamo portare a casa una bandiera di qualche tipo (perché non è questo che ci interessa); crediamo che si tratti di un dato di responsabilità ed anche un impegno ed uno stimolo all' attività del Governo e del nostro ministro degli Esteri . l' ultimo elemento che vorrei sottolineare, oltre al deficit democratico in tutto il trattato di Maastricht , riguarda l' annoso problema della politica estera comune e della politica di sicurezza, che rileva in merito all' Unione Europea . per responsabilità dirette o indirette, o anche solo oggettive, a qualunque cittadino oggi chieda che cosa sia la politica estera della Comunità Europea possiamo dare in teoria qualunque risposta. ma ve n' è una che si ricava dai fatti e dalle immagini: mi riferisco al problema della Jugoslavia e della Bosnia. possiamo raccontare ciò che vogliamo sulla politica estera comune in termini di ipotesi, di possibilità e di volontà; ma quello che oggi il cittadino ha recepito in merito a che cosa sia, o non sia, la politica estera della Comunità Europea si ricava da ciò che egli vede ogni sera alla televisione sui problemi della ex Jugoslavia, con un' aggravante. la politica estera comune non esiste ma, in attesa o forse con l' alibi che si crei, non vi è più neppure la piena titolarità della politica estera nazionale dei singoli stati membri della Comunità. è la cosa peggiore che sarebbe potuta capitare! nessun paese si sente pienamente legittimato a muoversi da solo; occorre muoversi in dodici, anche se vincoli in tal senso non ve ne sono. il risultato è che le vittime, cioè coloro che fanno le spese di questa situazione, non hanno di fronte a sé alcun interlocutore. forse per loro, più che per i nostri cittadini, oggi la speranza dell' Europa è venuta meno. certo, per molte di quelle popolazioni, che avevano tanto sperato almeno in una capacità di mediazione in proprio della Comunità Europea e che poi si sono rivolte ai singoli Stati, siamo stati sicuramente una delusione. mi auguro solo che tutti avvertiremo la responsabilità di non essere una delusione anche per i cittadini europei e per quelli del nostro paese.