Palmiro TOGLIATTI - Deputato Opposizione
III Legislatura - Assemblea n. 476 - seduta del 12-07-1961
Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa
1961 - Governo I Amato - Legislatura n. 11 - Seduta n. 37
  • Mozioni, interpellanze e interrogazioni

la mozione che il collega, e compagno, Nenni ha presentato e ha sviluppato nella seduta di ieri, signor presidente , nega la fiducia a questo Governo. a questo Governo noi abbiamo sempre negato la fiducia, dal momento della sua formazione e presentazione e via via, sino ad oggi. voteremo quindi la mozione Nenni, in piena coerenza con tutte le nostre posizioni politiche. potremmo discutere la motivazione di questa sfiducia. che questo Governo sia sorto in una situazione di emergenza è fatto che oramai può venire discusso con maggiore obiettività che non nei giorni lontani del luglio dell' anno passato. l' attuale Governo sorse senza dubbio in un momento di crisi politica acuta e di pericolo per le istituzioni democratiche. quando esso si costituì, però, si era oramai in una situazione in cui un ulteriore spostamento governativo nella direzione di un' avventura reazionaria era stato reso praticamente impossibile dall' ampiezza della lotta delle masse, dalla decisione stessa di cui le schiere più avanzate della democrazia (operai, lavoratori, giovani, ceto medio , intellettuali progressivi) avevano dato prova nella difesa dell' ordinamento democratico e repubblicano. questa lotta antifascista decisa fu allora l' elemento più importante della situazione, assai più dei dibattiti e delle manovre parlamentari. proprio di questo elemento, però, non si volle tenere e non si tenne quel conto che sarebbe stato necessario. questo Governo negò, nelle sue stesse dichiarazioni programmatiche iniziali, di avere carattere di Governo di emergenza, ed anche da questo suo esplicito riconoscimento noi partimmo allora per rifiutargli la nostra fiducia. non potevamo attribuire alla situazione e al Governo un carattere che questo respingeva, presentandosi, invece, come un blocco di tutte le forze e di tutte le diverse correnti della Democrazia Cristiana e con un programma esplicito di riconquista e gestione del potere a lunga scadenza . in sostanza, attribuire alla situazione e al Governo carattere di emergenza, significava escludere che potesse esistere altra alternativa, al di fuori di questa, a un Governo di destra filofascista, il che non era vero allora, così come continua a non essere vero nemmeno oggi. l' alternativa avrebbe dovuto essere — dicemmo noi allora e lo ripetiamo — una formazione politica che decisamente agisse per dare sodisfazione alle profonde rivendicazioni di democrazia, di giustizia sociale , di rispetto e di attuazione della Costituzione repubblicana, che avevano animato il grande movimento popolare e antifascista dei mesi di giugno e di luglio. questa alternativa venne e viene tuttora, però, ostinatamente respinta. l' emergenza, del resto, se esisteva, non derivava dai fatti, né stava nella situazione parlamentare: derivava da quel male che la Democrazia Cristiana aveva compiuto appoggiando sino all' ultimo il famigerato Governo Tambroni, e da quel bene, cioè da quella indispensabile svolta di indirizzi politici, che essa si rifiutava allora, come si è rifiutata in seguito e tuttora si rifiuta di compiere. da allora ad oggi la situazione, per questo aspetto, non è cambiata, anche se i fatti stessi non hanno potuto non renderla più evidente, in modo tale che non poteva non trarre il partito socialista a modificare precedenti sue posizioni che noi non avevamo mancato, del resto, di criticare. le circostanze che questo Governo ha avuto davanti a sé, sono state invero, e per molti aspetti, singolari. fatti nuovi si sono presentati, preesistenti situazioni difficili sono diventate più acute, difficoltà nuove di non lieve momento sono sorte. occorrevano indirizzi di Governo, decisioni, prese di posizione adeguate a questa realtà e nuove, quali aveva richiesto il movimento democratico e antifascista dell' anno passato. queste non vi sono state, e perciò la situazione che ci sta oggi davanti è effettivamente irta di nuovi pericoli ed esige dalle forze democratiche, e popolari nuovi impegni di opposizione e di lotta, il che la stessa decisione dei compagni socialisti tende a sottolineare e a sollecitare. ciò che dico ha valore tanto per quanto riguarda lo sviluppo delle relazioni internazionali, quanto la situazione interna, i rapporti sociali e i rapporti tra i partiti. la tendenza della situazione internazionale è stata, durante tutto l' anno di vita di questo Governo, a un aggravamento continuo, che tocca oggi il maggior grado di acutezza e apre a tutti i popoli prospettive immediate di estrema serietà. si è partiti dall' offensiva colonialista contro l' indipendenza e l' unità delle popolazioni del Congo, che ha avuto i bagliori di una tragedia sanguinosa e tuttora continua. la guerra barbara, feroce degli imperialisti francesi contro il popolo algerino non ha avuto sosta. nonostante l' inizio di una trattativa, l' esercizio delle più brutali violenze, le torture, il massacro degli algerini che rivendicano la loro libertà, continuano in forme tali che suscitano la rivolta di tutti i democratici. il grido di libertà all' Algeria, la condanna dello spietato militarismo francese sono diventati parte sostanziale della coscienza democratica delle masse popolari italiane. non esercitano però alcuna efficacia sulle posizioni di questo Governo, fedele scudiero perfino del generale De Gaulle . si è avuta una tempestosa e vana Assemblea delle Nazioni Unite . sono ferme le trattative per il disarmo. sono vicine a rompersi quelle per il divieto degli esperimenti atomici e nucleari. nel Laos e a Cuba si sono avute manifestazioni, di estrema gravità, di un intervento aggressivo, dei circoli imperialisti americani. nell' un caso e nell' altro l' imperialismo americano è stato sconfitto, sia sul terreno politico sia sul terreno militare. si era però giunti, in entrambi i casi, a un punto assai vicino alla rottura e al crollo. oggi, poi, un nuovo pericoloso focolare di conflitto si è acceso nel vicino Oriente, dove sono alcune delle sorgenti petrolifere della ricchezza e potenza britannica. vi è stato l' incontro di Vienna, fatto positivo, che ha riacceso, per lo meno in tutti gli amici della pace, qualche speranza; ma proprio dopo di esso, alla proposta avanzata da parte sovietica dopo lungo pazientare — un pazientare che è durato più di 16 anni — di regolare finalmente le questioni della Germania e di Berlino con un trattato di pace , si è risposto da parte occidentale agitando le armi, prospettando pazzesche decisioni estreme, minacciando le cose più gravi. avrò modo di tornare su quest' ultima questione, per precisare quali sono le richieste che facciamo a proposito del problema della Germania e di Berlino. intendo a questo punto però sottolineare l' assenza sistematica, in tutto il periodo che ci interessa, di un' azione di governo la quale, sia pure nell' ambito dei trattati esistenti — ripeto, sia pure nell' ambito dei trattati esistenti — esprimesse apertamente, davanti a tutti, una politica italiana autonoma, tendesse a favorire la ripresa di un processo di distensione, scoraggiasse l' oltranzismo militare americano, tedesco, francese, e in pari tempo liberasse il nostro paese e il popolo italiano da ogni corresponsabilità con l' azione di quelle grandi potenze atlantiche, che fanno ostacolo e sono decise a fare ostacolo, con il ricorso a qualsiasi mezzo, alla fine di ogni forma di oppressione coloniale e di dominio imperialistico sui popoli. rimasta in gran parte dell' opinione pubblica e in noi l' impressione che perfino il viaggio nei paesi dell' America Latina — che ebbe luogo, per disgraziata avventura, proprio alla vigilia dell' aggressione e della disfatta americana a Cuba — non sia servito ad accrescere il prestigio italiano in quella così gran parte delle popolazioni dell' America meridionale, che è decisa a combattere per liberarsi dell' oppressione imperialistica degli USA, per mettersi sulla via di un profondo rinnovamento economico e sociale . nell' Alto Adige stiamo sperimentando sulle nostre carni vive che cosa significhi per i popoli d' Europa quella rinascita di un militarismo e di un espansionismo tedesco, che la politica atlantica in tutti i modi ha favorito. sono di ieri i gravissimi fatti che annunciano al popolo italiano l' estensione a tutto il territorio nazionale della sciagurata, criminale azione terroristica che ha avuto inizio nella provincia di Bolzano. sono fatti gravissimi in sé e per tutte le conseguenze che potranno avere. quando io accennai tempo fa al pericolo che incombeva, si irrise alle mie considerazioni. ora, si accumulano disgraziatamente le prove, si succedono i fatti che dimostrano come proprio noi, fedelissimi alleati della Germania di Bonn, siamo i primi a subire l' azione di una o forse di parecchie; di quelle organizzazioni di rivincita pangermanistica e di espansione del pangermanesimo, che proprio nella Germania di Bonn e non soltanto nell' Austria sorgono e sono attive, come nidi di serpi velenose. nell' ambito dei rapporti interni ciò che regna oggi è uno stato ora latente ora aperto di tensione fra i partiti che sostengono il Governo e di crescente tensione dei rapporti sociali, situazione che viene mascherata, da un lato con l' affermazione della permanenza e solidità delle cosiddette convergenze che sono la base dell' attuale Governo, dall' altro con la esaltazione dell' oramai famigerato miracolo economico . ai temi della convergenza, nei suoi aspetti di polemica politica immediata, ha dedicato gran parte del suo intervento, ieri, il compagno Nenni. non vorrei seguirlo su questo terreno, anche perché mi sembra si corra il rischio, se non si sta attenti, di alimentare l' equivoco e la confusione anziché contribuire a disperderli. si dice, per esempio, che la colpa del mancato rinnovamento democratico e sociale degli indirizzi governativi risalga al partito liberale , alle sue imposizioni, alle sue minacce, ai suoi ricatti politici, si aggiunge persino. l' onorevole Moro, però, ha tutto l' interesse che si consolidi questa opinione. ciò serve a nascondere il fatto che se egli subisce le imposizioni dell' onorevole Malagodi è perché è d' accordo sostanzialmente con la politica che a quelle imposizioni corrisponde. il partito liberale è oggi, in quest' Assemblea e anche nel paese, un partito non grande. ha ricevuto dal corpo elettorale , se non erro, circa la settima parte del potere parlamentare che gli elettori hanno dato al nostro partito, ed assai meno della quindicesima parte, del potere parlamentare che il corpo elettorale ha dato al partito della Democrazia Cristiana ... la ringrazio della correzione. il partito liberale giuoca in questo dibattito una parte che non so se è di falso schermo o di mosca cocchiera . adempie la sua funzione, che in parecchi momenti della storia tormentata del nostro paese è stata apertamente negativa. negativa fu, per esempio, la funzione del partito liberale alla vigilia del sorgere del regime fascista, così come è negativa oggi, nel momento in cui tenta di affermarsi e consolidarsi un regime clericale, trasformando e corrompendo il nostro ordinamento democratico. ma il protagonista del movimento che tende a una degenerazione del nostro regime democratico non è il partito liberale . l' autore di questa deformazione e corruzione è il partito della Democrazia Cristiana , è la sua sete di potere, il monopolio politico che questo partito è riuscito a conquistare e a cui non vuole in alcun modo rinunciare. questo e non altro è il problema che si deve porre oggi al centro dell' attenzione delle masse lavoratrici e del nostro paese. quando si parla di un centrosinistra e lo si rivendica come formula di un' altra formazione governativa, è questo il punto cui ci si deve riferire. rivendicare nuovi indirizzi economici e politici, l' applicazione conseguente dei principi e dei dettati costituzionali, il ritorno agli ideali della Resistenza e dell' antifascismo e rivendicare la rottura e la fine del monopolio politico della Democrazia Cristiana per giungere a nuove maggioranze unitarie e democratiche, sono termini strettamente corrispondenti. e questi obiettivi non si raggiungono scrivendo anche la più martellante e intelligente serie di articoli di giornale, come fa l' onorevole La Malfa , quando poi alla resa dei conti , qui, davanti al Parlamento, che decide, la posizione politica non cambia, e un fautore del centrosinistra, come l' onorevole, Saragat, torna ancora una volta a servirci, come ha fatto nel suo discorso di ieri, i logori argomenti anticomunisti e antisocialisti dei Comitati civici . sulla scia dell' anticomunismo e dell' antisocialismo dei Comitati civici non si arriva a nessun centrosinistra. si dà soltanto un nuovo contributo alla progressiva clericalizzazione dello Stato e di tutta la nostra vita politica. » questa la grave contraddizione da cui questa nostra vita politica, oggi, non riesce a districarsi. un partito di conservazione politica e sociale, la Democrazia Cristiana , che non cede un pollice del suo potere, da una parte, e dei postulanti, se così si vuol dire e nel migliore dei casi, dall' altra parte, che dicendo di temere un peggio che poi non si sa che cosa potrebbe essere, favoriscono il partito dominante, abbandonando una dopo l' altra tutte le loro rivendicazioni di rinnovamento, di applicazione costituzionale, di sviluppo democratico, accettando o subendo una dopo l' altra tutte le imposizioni. in questo modo stagna la vita politica e il suo livello si fa più basso. si è giunti al punto, signor presidente , di considerare seriamente e dire in tutte lettere che una crisi di Governo aperta oggi oppure aperta quando fossero ridotte le facoltà discrezionali del presidente della Repubblica ci farebbe correre il rischio di non si sa bene quale avventura. un assurdo avanzare argomenti siffatti, ma è un assurdo che serve a qualche cosa, a prolungare una situazione cui si dovrebbe invece porre fine e presto, perché l' indefinito prolungarsi di questa situazione è il vero pericolo che oggi corre la nostra democrazia, che corrono le nostre istituzioni. la Democrazia Cristiana , per parte sua, ricostituita, per gli aiuti che le sono stati dati, l' unità delle sue contrastanti correnti, sfrutta a fondo le coperture che in questo modo le vengono offerte, e che contribuì in parte a darle, in determinati momenti, lo stesso partito socialista , e procede nell' attuazione del suo proposito e piano di sempre. essa tende, sotto la spinta noi sappiamo di quale potere, alla conquista totale dello Stato e a trasformarlo, — essa spera tranquillamente, ma è ben difficile che così possa avvenire — in un regime clericale. per questo è così acuto oggi il problema della scuola, così come sono acuti i problemi della libertà, del rispetto delle autonomie che garantisce la Costituzione, dello sviluppo democratico di tutta la nostra società. il problema della scuola non è tale — io ritengo — che sì possa pensare di risolverlo elaborando non so quale compromesso deteriore e persino (mi pare) tecnicamente impossibile a proposito di questo o quel disegno di legge . l' Italia non ha oggi quella scuola di cui ha bisogno. abbiamo bisogno di una scuola libera, moderna, rinnovata in tutte le sue strutture, liberata dalle vecchie impostazioni e incrostazioni di classe, aperta agli sviluppi tanto del pensiero umanistico quanto della tecnica e delle scienze, accessibile in piena condizione di parità e a tutti i gradi a tutti i figli del popolo e articolata secondo i principi fissati dalla nostra Costituzione. di questa scuola abbiamo bisogno, ma essa non potrà mai esser data alla Italia da un partito clericale. dovrà esser data da quelle forze democratiche che rompendo la soggezione al clericalismo sappiano muoversi unite e riportare la stessa Democrazia Cristiana , o per lo meno una parte di essa, alla necessità del rispetto sia della Costituzione sia di quella volontà di rinnovamento che la scuola stessa oggi esprime in forme così potenti. tutta l' azione del partito della Democrazia Cristiana tende in questo campo soltanto ad approfittare della crisi, del vero processo di disfacimento della nostra scuola, per instaurare anche in questo campo un pieno dominio delle forze clericali, scardinando, se necessario, tutto l' edificio scolastico costituzionale. la via di uscita e di salvezza non si trova nei compromessi, ma nella resistenza, nella denuncia di questi propositi, nell' azione alle quali le associazioni progressive di professori e di studenti chiamano tutta la popolazione scolastica e tutti i cittadini. altrettanto acuti e per analoghi motivi diventano i problemi delle libertà, delle autonomie costituzionali, dello stesso contenuto ideale di una azione di governo . a sette mesi dalle elezioni amministrative la popolazione della capitale d' Italia sa che essa non può avere una regolare amministrazione comunale eletta, a meno che non accetti di subire sino all' ultimo la prepotenza clericale. dopo quattro e più mesi di indegne, subdole e tortuose manovre, mosse dal partito della Democrazia Cristiana , è spinta oggi verso lo scioglimento l' assemblea regionale siciliana, perché anche in essa sono venute meno le possibilità di mantenere intatto il monopolio clericale. hanno ragione quegli esponenti del partito radicale i quali affermano che non si può davvero più comprendere, in una situazione simile, che cosa significano le amministrazioni di collaborazione coi socialisti formatesi in alcune città. tutto l' edificio delle autonomie garantite dalla Costituzione è sottoposto oggi a una minaccia insistente e non può essere salvato se non con una azione aperta di denuncia e di lotta. quello che doveva essere il coronamento di questo edificio, l' ente regione , nessuno sa dove sia andato a finire. certo non è in via di realizzazione, a più di dieci anni dalla data fissata dalla Costituzione perché la realizzazione avesse luogo. il 30 novembre del 1959 l' onorevole Reale, segretario del partito repubblicano , dichiarava apertamente, in una relazione da lui presentata al progetto di legge per l' istituzione dei consigli regionali , che non vi erano più ostacoli alla applicazione delle norme costituzionali per questa parte. si sa che cosa è accaduto in seguito: è stata formata quella famosa commissione discriminata per lo studio del problema. la commissione esiste e lavora oramai da quasi un anno. corsa voce che abbia preparato una relazione, ma si sa in pari tempo che, dato il contenuto di questa relazione, che non sarebbe ostile alla realizzazione della organizzazione regionale, sono sorti ostacoli insormontabili persino alla pubblicazione di questo documento e alla sua presentazione alle assemblee parlamentari. cosicché all' onorevole Reale noi dobbiamo dire che ostacoli vi sono alla realizzazione dell' istituto regionale, che essi stanno prima di tutto nella testarda volontà del partito democratico cristiano di non attuare pienamente tutte le norme costituzionali, ma che anche la politica del partito repubblicano dà a questi ostacoli il suo contributo. nel paese questo partito è sostenitore della realizzazione immediata del regime regionale; ma qui, in questa Aula, è sostenitore del Governo che non vuole attuare il regime costituzionale e non lo attua. in questo modo si giunge a uno scadimento di tutto il nostro ordinamento costituzionale e allo scadimento permanente del regime parlamentare , prima di tutto. non parliamo, poi, dello spirito antifascista, di quella fedeltà agli ideali della Resistenza che avrebbe dovuto essere l' ispirazione di questo Governo, per il modo stesso come era sorto e affermava di essere sorto. oggi quei lavoratori, quei giovani che nelle giornate di giugno e di luglio si sono battuti, contro forze poliziesche lanciate contro di loro a scopo di provocazione, per affermare gli ideali della Resistenza, sono stati condannati, in Sicilia, a pene mostruose e sono in carcere a Reggio Emilia e a Genova, attendendo, dopo un anno, che si inizino i processi. la forza pubblica , intanto, continua ad essere impegnata nei conflitti del lavoro a scopo di intimidazione e a sostegno della parte padronale. per questo, nel clima oggi esistente, noi possiamo osservare con crescente preoccupazione la formazione, in punti delicati dell' apparato dello Stato, di gruppi orientati verso impossibili ritorni reazionari e ispirati da ideologie inconciliabili con la nostra Costituzione, il che dà un senso particolare, forse differente da quello che voleva dare il presidente del Consiglio , alla sua affermazione che oggi l' apparato dello Stato non funziona. il partito della Democrazia Cristiana risponde alle critiche e agli attacchi che gli si muovono con l' esaltazione propagandistica del famoso miracolo economico , che sarebbe merito suo e nel quale starebbe la giustificazione del suo monopolio di potere. in realtà, se si approfondisce questo tema, si scoprono altre radici, e forse quelle decisive, di tutta la politica della Democrazia Cristiana ; ma radici tali che contribuiscono a denunciare e condannare l' azione che la Democrazia Cristiana svolge nel momento presente nella vita nazionale e in nessun modo ad approvarla. che cosa è stato il famoso miracolo economico ? null' altro che una notevole e rapida espansione della nostra industria, espansione che sempre può aver luogo in un regime capitalistico, quando sia agevolata da determinate circostanze. in pari tempo, però, il miracolo economico ha voluto, dire una accentuata trasformazione in senso monopolistico della struttura della nostra economia, e questa trasformazione è stata aiutata e accelerata dalla adesione data al mercato comune europeo. ciò ha avuto come conseguenza che l' espansione economica e l' espansione industriale stessa si sono compiute in modo tale che non ha portato alla soluzione di nessuna delle questioni di fondo che stanno davanti a noi nel campo dello sviluppo economico e sociale del paese. non è stata risolta, prima di tutto, la questione della disoccupazione. non voglio entrare nel dibattito sui milioni e sulle centinaia di migliaia di disoccupati che abbiamo al momento attuale: so però che, anche accettando la cifra più favorevole, il numero dei lavoratori i quali hanno dovuto abbandonare l' Italia per mancanza di lavoro nel corso degli ultimi anni supera di gran lunga la diminuzione del numero dei disoccupati. e noi perdiamo forze di lavoro preziose: l' 80 per cento degli operai italiani che emigrano nella, Svizzera sono operai qualificati, di cui poi si nota l' assenza nel paese e il vero problema di un afflusso continuo al lavoro delle nuove generazioni e di una sicurezza del posto di lavoro per tutti i lavoratori è ben lontano dall' essere risolto. non sono stati superati, anzi sono diventati più profondi i contrasti e gli squilibri regionali. si è accentuato il distacco fra lo sviluppo economico dell' Italia settentrionale e quello delle regioni meridionali , da cui giungono voci di dolore, come quelle che abbiamo raccolto qui nel dibattito sulle condizioni attuali della Calabria e a cui si potrebbero aggiungere voci di dolore di tutte le altre zone meridionali. in pari tempo ci troviamo di fronte alla più profonda crisi che la nostra agricoltura abbia attraversato da alcuni decenni. tutto questo è avvenuto mentre la grande borghesia industriale monopolistica si è rafforzata, si è arricchita, è diventata la vera padrona del nostro paese. e in essa che la Democrazia Cristiana ha trovato e trova il suo vero sostegno. leggete, se avete tempo, qualcuno dei discorsi dell' odierno presidente della Confederazione dell' industria: vedrete come si parla di questo Governo da quelli che ne sono i veri padroni. leggete la narrazione dell' episodio dell' intervento della presidenza della Confindustria nel corso di una riunione ministeriale per cassare una decisione la quale peccava per il fatto che faceva alcune concessioni all' agricoltura, cosa che la Confindustria non poteva tollerare. il racconto è veramente qualcosa di istruttivo, di edificante. l' intervento ci fu, a metà di una riunione consiliare. la decisione fu cassata. alla Confindustria non si poteva disubbidire. ma questi padroni della nostra economia e del nostro Governo hanno anche una prospettiva. lo stesso presidente della Confindustria dice apertamente che la situazione di oggi corrisponde alla situazione del 1920 e 1921. » un' affermazione preoccupante. non voglio credere che colui che l' ha fatta non abbia riflettuto al peso di quello che diceva, perché noi sappiamo che cosa sono stati quegli anni e che cosa è venuto dopo il 1920-21; è venuto il fascismo, è venuta la fine dell' ordinamento democratico, è venuta la lotta spietata per distruggere le organizzazioni dei lavoratori, è venuta la tirannide contro la quale dovemmo lottare per venti anni per liberarcene. sta molto bene ed è giusto, collega e amico La Malfa , che noi andiamo di città in città e alle volte ci incontriamo a parlare a rappresentanti di tutti gli strati della popolazione italiana, ma particolarmente ai giovani, ai quali narriamo che cosa è stata la storia d' Italia dal 1920 in poi, come si è giunti a quella profonda crisi, che cosa è nato da essa e quale fu la nostra lotta. sta molto bene che noi ricordiamo ai giovani queste cose, sta bene soprattutto che siamo uniti, la maggior parte di noi che combattemmo contro il fascismo, nel ricordare alle nuove generazioni queste cose. » un seme prezioso... che noi gettiamo e che darà frutti. ma qui, alla testa dell' organizzazione degli industriali italiani, cioè dell' organizzazione che dispone delle ricchezze (e anche del potere) nel nostro paese, vi è qualcuno che la prospettiva fascista la considera ancora, probabilmente, come qualcosa di reale, e questo qualcuno è una forza economica dominante, strettamente integrata con l' apparato di Governo e con lo stesso apparato di partito della Democrazia Cristiana . di fronte al modo come questa forza si è affermata e oggi si muove, di fronte al modo come essa ha diretto consapevolmente gli sviluppi dell' economia del nostro paese negli ultimi anni, ha scarso valore anche l' argomento dell' occasione che sarebbe stata perduta, perché si sarebbero dovuti utilizzare questi anni delle vacche grasse per attuare qualcuna delle riforme senza le quali i problemi di fondo dell' economia nazionale non si risolvono, e che non si sarebbero potuti affrontare negli anni delle vacche magre . non è così! la realtà è che chi ha controllato tutto il processo del nostro sviluppo economico negli ultimi anni, in pieno accordo col partito della Democrazia Cristiana , è una forza che respinge in linea di principio e in linea di fatto qualsiasi riforma della nostra struttura economica. ciò che la grande borghesia monopolistica può anche accettare, in determinate condizioni, è un aumento della spesa pubblica , purché sia a suo profitto, però. niente di più. e questa è esattamente la politica economica che è stata fatta e vien fatta dal partito della Democrazia Cristiana . un aumento della spesa; pubblica, ripartito occasionalmente per vari settori e che lascia intatta, innanzitutto, la struttura delle entrate, la parte più scandalosa del bilancio del nostro Stato. un aumento della spesa, poi, per fini ben determinati, che sono quelli verso i quali si rivolge la scelta del grande capitale monopolistico, della grande borghesia industriale che oggi, attraverso la Democrazia Cristiana , governa il nostro paese. basti ricordare (né voglio qui ripetere le critiche che abbiamo già fatto quando queste misure si sono presentate) il piano delle autostrade; il piano verde, coi miliardi da distribuire per accelerare nelle campagne uno sviluppo capitalistico forzato ai danni della gran massa dei piccoli e medi coltivatori diretti e così via . qualche concessione settoriale, qua e là, ma nulla che tocchi e modifichi il fondo della struttura economica del paese e sia un vero contributo, quindi, alla soluzione di alcuni dei problemi fondamentali della nostra vita economica e sociale. e voi, colleghi dei partiti cosiddetti convergenti, avete del resto dato a questa politica il vostro contributo, ritirandovi in buon ordine ogni volta che alcune delle questioni che avrebbero dovuto essere affrontate e risolte a questo scopo sono venute davanti al Parlamento. sui problemi del Mezzogiorno, repubblicani e socialdemocratici avanzano le loro critiche di tutto l' indirizzo dell' azione governativa e chiedono mutamenti profondi di questo indirizzo: quando si giunge alla decisione, ritirano le loro critiche accettando la linea proposta dal partito della Democrazia Cristiana e che respinge tutte le loro proposte. a proposito del piano verde, lo stesso quadro: socialdemocratici e repubblicani, dopo aver criticato gli indirizzi di fondo del piano verde, accettano perfino le modificazioni ulteriormente ottenute dai liberali a favore degli agrari. oggi sta per venire davanti a noi una legge relativa alle imposte sulle aree fabbricabili, ma proprio. a proposito di questa legge è bene precisare come stanno le cose, perché non si faccia equivoco. non vi è più in essa ciò che v' era in un originario progetto, che si proponeva di combattere la speculazione sulle aree. non si tratta più che di una innocua legge di natura fiscale, che lascia le cose come stanno, abbandona quelle che erano le primitive proposte, venute, del resto, dal campo socialdemocratico e quindi lascia aperta la strada a quella speculazione sulle aree che è, d' altro canto, una delle colonne della politica economica delle forze clericali. in questa situazione è inevitabile che si accresca nel paese la tensione sociale. essa si manifesta nell' industria, si manifesta nella agricoltura. ma è proprio nel modo come questa tensione sociale oggi si manifesta, attraverso potenti lotte di massa combattute in modo unitario da operai e da contadini, che devono essere riposte le principali speranze in un' opera efficace di rinnovamento democratico. nei primi tre mesi di quest' anno, secondo dati dell' Istituto di statistica , 952 sono stati gli scioperi, i quali hanno impegnato 854 mila operai per 14 milioni 633 mila ore di lavoro perdute: una delle cifre più alte che sia stata toccata nel corso degli ultimi anni. essa riguarda però soltanto i primi tre mesi dell' anno. secondo i dati elaborati dagli organi di studio dei sindacati unitari, il quadro diventa ancora più impressionante se si giunge fino al mese di luglio. si registra un ingresso nella lotta delle principali categorie operaie per centinaia di migliaia di lavoratori: 700 mila muratori che scioperano provincialmente, per azienda e localmente in 28 province; 500 mila metallurgici, 110 mila cotonieri, 70 mila addetti all' alimentazione, 75 mila addetti agli appalti, 110 mila autoferrotranvieri, 100 mila dipendenti di aziende commerciali; ultimamente 180 mila chimici. nel complesso, in questi sei mesi, una partecipazione alle lotte di 2 milioni 621 mila lavoratori per un numero di giornate lavorative di 7 milioni e 60 mila. la combattività e l' unità dimostrata dalle masse lavoratrici in queste lotte è stata e continua ad essere molto elevata. essa si è urtata però a una totale intransigenza padronale, la quale, in alcuni casi, ha rifiutato persino di iniziare le trattative per l' applicazione di elementari principi di regolamento dei rapporti fra il salariato e il padrone. per cui i dipendenti dell' Italcementi hanno dovuto combattere 40 giorni per ottenere conquiste già riconosciute ai lavoratori di aziende analoghe; i dirigenti della Montecatini si sono opposti a rivendicazioni elementari di libertà e perequazione salariale quali quelle avanzate dai minatori sardi; i lavoratori chimici si stanno accingendo a un altro sciopero imponente e così via . né fanno eccezione le aziende statali, perché le lotte combattute alla Breda e all' Ansaldo, sono state lunghe, aspre, difficili in conseguenza del fatto che i dirigenti di queste aziende, che ricevono le loro direttive dal governo centrale, aderivano completamente alla linea di intransigenza padronale dettata dalla Confederazione dell' industria. a questo si aggiunga l' impiego della forza pubblica nei confronti dei lavoratori, cui ho già fatto cenno. ma ciò che particolarmente ci interessa e che intendo qui sottolineare è il valore dei problemi di cui noi abbiamo trovato un lontano accenno persino nel discorso che venne fatto qui dal ministro del Lavoro , concludendo la discussione sul suo bilancio, quando parlava dell' enorme squilibrio tra l' aumento della produzione e della produttività e l' aumento dei salari, venutosi a determinare nel nostro paese. questo è il tema che oggi sta all' ordine del giorno di tutto il mondo del lavoro e stimola un' azione operaia che si vuole inserire nel processo stesso della formazione del salario e del profitto, avanzando rivendicazioni nuove, di riconoscimento di nuovi diritti e di nuove forme di contrattazione, tali da consentire di eliminare questo squilibrio e da garantire all' accresciuta produttività del lavoro un corrispondente aumento del salario e all' operaio e alla sua organizzazione una nuova posizione di fronte al padronato. queste rivendicazioni incontrano l' opposizione tenace e testarda della Confindustria, la quale sviluppa invece una propria dottrina di natura corporativa, secondo la quale i problemi del salario dovrebbero essere risolti in termini monetari attraverso decisioni dall' alto prese d' accordo col governò. allo stesso modo la Confindustria respinge il criterio della parificazione salariale tra le diverse regioni e persino irride a chi parla di superare lo squilibrio tra il nord e il sud. » interessante notare, a questo proposito, che in un certo momento il ministro del Lavoro onorevole Sullo aveva proposto un incontro triangolare fra le organizzazioni dei lavoratori, quella dei padroni e il Governo per discutere i nuovi problemi salariali sollevati non soltanto dall' organizzazione sindacale unitaria, ma anche dalle altre. il presidente della Confindustria ha opposto il suo rifiuto, esprimendosi in termini che vale la pena di citare testualmente perché si tratta di espressioni quanto mai significative. riferendosi al colloquio avuto col ministro Sullo, il presidente della Confindustria così si esprimeva: siamo andati da lui — cioè dal ministro, egli dice — e gli abbiamo fatto presente trattarsi di un problema piuttosto complesso e difficile, sicché era forse meglio che egli si traesse un po' da parte, per non scottarsi. così in tutte lettere! e in effetti l' onorevole Sullo si è tratto da parte. aveva ricevuto gli ordini di chi dirige la politica salariale ed economica nel nostro paese! e difatti, nel suo intervento a chiusura del dibattito sul bilancio del lavoro, egli, in forma più o meno contorta, ha aderito alla posizione del presidente della Confindustria sul problema salariale, per cui vi è da attendersi un nuovo aggravamento della tensione sindacale e sociale, in relazione anche alle trattative per il rinnovo di numerosi contratti di lavoro ormai vicini a scadere. le tendenze corporative e antioperaie degli industriali trovano facilmente il punto di contatto e di accordo col corporativismo latente in tutte le posizioni economiche e sociali dei dirigenti del partito democristiano . altrettanto grave è la tensione sociale e altrettanto seria e imponente la lotta nelle campagne. sono stati o sono in lotta salariati, braccianti, compartecipanti, nella Valle Padana e altrove. la piattaforma del loro movimento comprende aumenti di salario, riconoscimento delle qualifiche e degli organici aziendali e avanza anche rivendicazioni nuove, come la partecipazione alla determinazione degli investimenti, la parità salariale tra gli uomini e le donne, l' abolizione del salario in natura e così via . ma soprattutto ha preso e prenderà rilievo la grande lotta dei mezzadri che, oltre ad avere obiettivi immediati di natura contrattuale, tende come suo obiettivo principale all' abolizione del regime stesso della mezzadria, apertamente condannato da tutti coloro che si sono piegati a riflettere sulle condizioni attuali dell' agricoltura, ma sostenuto a fondo dalla Confagricoltura e dal suo presidente, il quale, rivolgendosi all' onorevole Fanfani, che in altri momenti aveva anche lui affermato non essere più possibile vivere in due sulla terra e doversi quindi marciare verso l' abolizione della mezzadria — si esprimerà probabilmente negli stessi termini con cui si è espresso il presidente della Confindustria con l' onorevole Sullo. e l' onorevole Fanfani ci metterà poco, anche lui, ad abbandonare quelle sue vecchie posizioni. oggi centinaia di migliaia di mezzadri partecipano a un movimento che si estende a tutta l' Emilia, alla Toscana, alle Marche e ad altre regioni in cui esiste questa forma di conduzione. la lotta è aspra, si accompagna a manifestazioni di massa, a scioperi di solidarietà cui aderisce, come a Firenze, tutta la classe operaia . il Governo, anche qui, ha una linea di condotta apertamente reazionaria. interviene contro tutto il movimento, mobilitando l' Arma dei carabinieri per intimidire i dirigenti delle organizzazioni mezzadrili e i mezzadri. i mezzadri in agitazione, i quali non fanno altro che sospendere la divisione del raccolto, in attesa che venga condotta una trattativa, sono minacciati di denuncia per manifestazione sediziosa e per associazione a delinquere . » accaduto persino che militanti delle organizzazioni mezzadrili siano stati chiamati dai carabinieri e minacciati di misure repressive se non avessero denunciato quali erano i dirigenti dell' agitazione che si svolge nelle campagne. insisto su questo tema, poiché ci troviamo qui di fronte a una questione di fondo. il contratto di mezzadria deve essere eliminato dalla scena delle nostre campagne. i grandi agrari, nella discussione alla conferenza dell' agricoltura, sono rimasti completamente isolati a proposito di questo problema, ma purtroppo anche la conferenza dell' agricoltura ha già preso la via, mi sembra, dell' insabbiamento: concluderà a settembre, si dice, e concluderà in forma evasiva, assai probabilmente. il problema deve però essere affrontato e risolto, se si vuole dare un contributo alla soluzione dell' attuale crisi dell' agricoltura e sono le masse stesse che ne devono imporre la soluzione, con una lotta che deve continuare e continuerà. in questo modo l' azione per quelle riforme di struttura, che l' attuale direzione economica e politica del paese non consente nemmeno di affrontare, si trasporta nel paese, dove deve svilupparsi nel campo dell' industria, dell' agricoltura, della riforma scolastica , della difesa delle autonomie, in tutti i campi in cui è necessario che venga rivendicata l' applicazione integrale dei principi costituzionali. questo è il terreno sul quale riteniamo debba realizzarsi oggi una nuova unità di forze democratiche, una vera nuova Resistenza. questo il terreno sul quale si deve realizzare, e in molti casi è già in atto, la collaborazione con quelle forze del campo cattolico che aspirano a far opera di rinnovamento economico e politico, dato che all' interno del partito della Democrazia Cristiana le cose vanno in modo tale che ogni proposito di cambiare il corso delle cose sembra destinato a spegnersi assai miseramente. noi presentiamo al Parlamento, come continueremo a presentare e dibattere davanti al popolo, chiamandolo all' agitazione e alla lotta, le rivendicazioni fondamentali di riforma delle strutture economiche e di rinnovamento sociale del nostro paese, partendo dalla nazionalizzazione dei grandi monopoli, di quelli elettrici, prima di tutto, di quello saccarifero, particolarmente importante nel momento attuale, insistendo nel chiedere un nuovo indirizzo economico e democratico, il quale non può ridursi ad essere una pura previsione di spese scalate nei prossimi anni, ma deve essere un' indicazione precisa di obiettivi, all' indicazione ed elaborazione dei quali siano chiamati degli organismi democratici, come i consigli regionali , che dovranno alfine sorgere in tutta Italia, e alla realizzazione dei quali partecipino tutte le forze del lavoro . in questo quadro l' attuazione dell' ente regione diventa per noi un fatto di valore decisivo tanto nell' ordine politico quanto in quello dell' economia. senza organizzazione regionale non vi può essere elaborazione dei necessari piani regionali di sviluppo, e senza questi non vi può essere una politica democratica di sviluppo economico e sociale . noi colleghiamo questa nostra azione alla lotta che conduciamo per la pace. anche a questo Governo noi avanziamo, a questo proposito, rivendicazioni precise, in relazione prima di tutto con la crisi che matura attorno al problema tedesco e al problema di Berlino. chiediamo un impegno esplicito per la trattativa internazionale del problema e per là ricerca di una risoluzione intermedia, che consenta di evitare ulteriori inasprimenti. chiediamo una presa di posizione aperta, esplicita, pubblica, contro qualsiasi misura militare o politica di intimidazione. circa il fondo della questione di Berlino, chiediamo che non si dimentichi che noi non abbiamo alcun impegno relativo a questa città: il nostro paese non c' entra. chieda pure la parte occidentale, per Berlino, tutte le necessarie garanzie (del resto già promesse ed applicate), ma si ponga termine ad una politica che, negando il riconoscimento della Repubblica democratica tedesca — questo è il vero problema — è un fattore continuo di provocazione e di esasperazione della situazione internazionale. quanto all' unità tedesca, fino a che la Germania non sarà un paese disarmato e smilitarizzato, credo che né i popoli d' Europa, né i popoli nel mondo, abbiano alcun bisogno che si realizzi questa unità. lotta per la pace è quindi la nostra, per gli interessi dei lavoratori, per quelle indispensabili riforme delle strutture economiche del nostro paese che la Costituzione prevede, per la rinascita del Mezzogiorno, per l' applicazione integrale della nostra Carta Costituzionale . questo è ciò che oggi occorre. e la lotta deve condursi contro di voi, contro il Governo attuale, contro il partito della Democrazia Cristiana a cui, in sostanza, questo Governo si riduce, nel Parlamento e nel paese. voi siete il vero ostacolo a che si proceda sul cammino che la Resistenza aveva previsto e tracciato per la Repubblica italiana . negarvi la fiducia è il minimo che si possa fare.... perché vi inquietate? nell' ambito del Parlamento questo è il massimo, ma nel paese la lotta ha ben altri aspetti. quanto all' iniziativa di questa discussione e di questo voto, presa dai compagni del partito socialista , non esito a dire che noi ci auguriamo che essa possa essere il punto di partenza di nuovi sviluppi nella situazione politica, non solo perché contribuisca a mettere in sempre migliore luce le contraddizioni, le incongruenze, gli errori che rendono così pesante la situazione attuale, ma perché dia nuovo contributo allo sviluppo di un ampio, unitario, potente movimento delle masse lavoratrici e contribuisca in questo modo ad aprire la strada alla formazione di nuove maggioranze democratiche e al rinnovamento di tutta la vita politica nazionale.